Operatori sanitari a lavoro in un reparto di terapia intensiva (Ansa)

Roma Capoccia

Nel Lazio aumentano ricoveri e contagi

Gianluca De Rosa

Le terapie intensive in regione reggono, però da ieri sono in lieve crescita i ricoveri (da 3.029 a 3.044)

Il Lazio è arancione, ma da alcuni giorni negli ospedali la situazione si è fatta critica. Ormai da un po’ di tempo il numero di ricoverati e quello delle terapie intensive hanno superato la soglia d’allerta, raggiungendo picchi che in Lazio si erano visti solo tra fine novembre e inizio dicembre, la fase più acuta della pandemia per la Regione. Le terapie intensive, in particolare, non erano mai state così sotto pressione. Ieri i ricoverati in terapia intensiva erano 371, mentre quelli in condizioni meno gravi continuano ad essere oltre tremila, 3.044 per la precisione. Per entrambe le situazioni è stata ampliamenti superata la soglia critica fissata al 30 per cento della saturazione per le terapie intensive (siamo oltre il 40) e il 40 per cento per i ricoveri semplici (siamo al 44).

 

E questo nonostante la Regione abbia continuamente potenziato i posti letto riservati ai malati di Coronavirus riconvertendo reparti e trovando soluzioni anche con spazi allestiti fuori dagli ospedali. Attualmente siamo arrivati al quarto potenziamento previsto piano d’emergenza stilato dall’amministrazione regionale: le terapie intensive previste riservati ai pazienti Covid sono 450, una soglia che si sta avvicinando pericolosamente. Per evitare crisi la Regione ha provato ad ampliare ancora i posti in terapia intensiva con ulteriori 85 letti in strutture separate allo Spallanzani, all’Umberto I, al Grassi di Ostia, al Sandro Pertini e all’ospedale di Rieti. Purtroppo però non è stato possibile attivarli tutti. Per farlo servirebbero oltre cento anestesisti in più da aggiungere agli oltre 1.350 attualmente in attività.

 

Non basta, infatti, avere gli spazi, ma serve anche avere chi si occupa dei malati. Ogni anestesista in teoria può occuparsi al massimo di quattro pazienti (un limite che spesso è stato superato). E poi ci sono i turni. Dall’inizio della pandemia con diverse bandi tutte le aziende sanitarie e gli ospedali della Regione hanno provveduto a reclutamenti straordinari di pneumologi e anestesisti. Ma purtroppo quando l’offerta di queste figure professionali è rigida, una volta saturata non ci sta più niente da fare. Come spiegava già alcuni mesi fa al Foglio – quando i numeri erano decisamente più bassi di quelli di oggi – il primario delle rianimazioni di San Filippo Neri e Santo Spirito Mario Bosco: “Non solo in Lazio, ma in tutta Italia, c’è una carenza di anestesisti e di rianimatori e di personale infermieristico addestrato alla terapia intensiva. La disponibilità di queste figure professionali è molto, molto limitata e questo chiaramente incide su tutto il sistema. Purtroppo è un problema che non si risolve in un giorno e neppure in un mese”.

 

Servirebbero anni. Anni di formazione. Purtroppo però la scelta dei numeri per gli accessi alle specializzazione negli anni passati non aveva preso in considerazione la possibilità di una pandemia. I numeri delle terapie intensive per fortuna ieri erano in leggera discesa: otto unità in meno, passando dai 379 di martedì a 371. Sono cresciuti invece ancora i ricoverati Covid in condizioni meno critiche: da 3.029 a 3.044. Aumentano anche i casi 1.800 (+ 200), 900 a Roma, ma a fronte di quasi duemila tamponi in più (16mila rispetto ai 14mila circa di martedì).

 

Di più su questi argomenti: