Il caso delle arene gratuite e la crisi del cinema

Marianna Rizzini

Come fare a salvare l’industria cinematografica colpita dall’emergenza senza rinunciare all’iniziativa gratuita? E come fare sì che quest'ultima sostenga su un altro fronte il settore?

Roma. Fanno ormai parte del paesaggio urbano estivo romano, le arene estive gestite dai ragazzi dell’associazione “Piccolo America”, con spazi all’aperto pieni di spettatori, da Trastevere al Porto di Ostia all’Eur. E fa parte del nuovo panorama di preoccupazione per l’emergenza economica nella fase 3 il fatto che il cinema sia uno dei settori più colpiti dal passaggio del Covid-19: 28 mila persone in cassa integrazione, produzioni ferme, posti di lavoro sempre più a rischio, imprese sull’orlo del fallimento, sale che temono di non riaprire. Da un lato c’è l’azione di chi, sul campo, organizza eventi in cui la gratuità della cultura accompagna la riqualificazione di aree difficili e il coinvolgimento di nuovi pubblici, dall’altro c’è il tema di un’industria, quella del cinema, che in Italia stava attraversando un periodo d’oro, nel 2018 e 2019, e che si è vista travolgere prospettive e progetti dalla batosta epidemiologica che lascia aperta la questione del come ripartire davvero.

 

Nel momento incerto del risveglio post-lockdown, il cinema, nella sua dimensione industriale e creativa, e in quella socio-culturale di cui le arene gratuite fanno parte, si trova a discutere da punti di vista diversi: come fare a salvare l’industria colpita dall’emergenza senza rinunciare all’iniziativa gratuita? E come fare sì che l’iniziativa gratuita (come quella del “Piccolo America”, in questo caso) sostenga su un altro fronte l’industria? Sono interrogativi a cui, fino a un anno fa, si poteva rispondere forse con un “c’è posto per tutti”. Ma oggi?

 

Intanto, sul Corriere della Sera dell’8 giugno, Gian Antonio Stella si rammaricava del fatto che, “nei giorni di ripartenza dopo mesi di una quarantena da incubo per i claustrofobici, si sia acuita la frattura fra chi di cinema vive. Di qua le associazioni dei produttori, dei distributori, degli esercenti messi in ginocchio dal lockdown che ha fatto chiudere tutte le sale del paese, con gravi perdite e problemi di gestione dei dipendenti, degli affitti, della concorrenza dei film in tivù, di là le associazioni culturali convinte che per riportare al cinema le persone via via impigrite dal divano di casa non basti offrire loro l’ultimo prodotto hollywoodiano ma sia più utile coinvolgere tutti in una dimensione diversa. Più comunitaria”.

  

La cosa non riguarda soltanto Roma, a Roma è esplosa. Carocci, due giorni fa, ha lanciato un appello sui social: “Cari amici, siamo sotto ricatto, vogliono costringerci a rendere a pagamento le nostre arene. Scriviamo questo appello per chiedere aiuto… i distributori italiani negano in blocco le concessioni di film per le proiezioni a ingresso gratuito nelle arene estive di tutta Italia”. Al di là della polemica successiva sui documenti pubblicati dall'associazione Piccolo America, riguardanti le linee guida sulle proiezioni all'aperto negli anni 2018-2019, la tensione resta sul campo come effetto collaterale di un evento traumatico che gli sconvolge equilibri.

 

Dice Luigi Lonigro, presidente distributori e direttore di 01 Distribution: “Per quanto riguarda 01 non ho nessun tipo di problema, sono felice di rispondere positivamente alle richieste del Piccolo America, come ho fatto ieri. Premesso che ogni società ha le sue strategie commerciali e che come associazione non parliamo di strategie commerciali, a livello generale l'orientamento è di destinare alle aree gratuite film di almeno tre anni fa. Sottolineo intanto la difficoltà per il settore che era una punta di diamante per il paese: cassa integrazione, imprese in crisi, arene a pagamento che corrono il rischio, con queste procedure sanitarie, di non riaprire per niente”. “Tutti hanno diritto di lavorare, e noi facciamo il nostro lavoro. Crediamo che la priorità per l’uso di fondi pubblici debba essere la fornitura di servizi gratuiti per la cittadinanza”, dice Carocci al Foglio: “Di circa 141 richieste effettuate dall'associazione Piccolo America, circa 116 non hanno ottenuto un riscontro positivo: 75 dinieghi e 41 senza riscontro, nonostante i solleciti. Noi ogni anno, anche se proiettiamo gratuitamente, versiamo ai distributori tra i 55 mila e gli 80 mila euro. In un momento di difficoltà come questo, perché rifiutarli?”. Il presidente di Anec (esercenti) Mario Lorini, nel giorno in cui l’associazione lamenta il fatto che “la rigidità dei protocolli compromette la riapertura delle sale”, spera “in un rapido ritorno a un clima di solidarietà. L’accordo si può trovare ed è necessario per superare la crisi”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.