(foto LaPresse)

Prove generali per il Campidoglio

Marianna Rizzini

Il centrosinistra che si sogna unito (per il sindaco) si misura sulla corsa di Gualtieri alle suppletive

Roma. Il sogno del grande centrosinistra inclusivo, per dirla con il segretario del Pd e governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti. E il sogno del centrosinistra unito dai centri sociali a Carlo Calenda, per dirla con la formula usata tempo fa da Amedeo Ciaccheri, presidente di centrosinistra dell’VIII municipio, eletto nel 2018 come uomo “non di partito”. Poi c’è la realtà di un centrosinistra romano che sa di avere poco tempo per mettere in piedi una strategia e in moto delle energie in vista dell’elezione del sindaco, pena l’occupazione leghista dello spazio che si apre di fronte a chi si trovi all’opposizione di Virginia Raggi. E l’occasione per la prova generale è arrivata con la candidatura unitaria (Pd-Italia Viva-Si-Psi-Art.1) di Roberto Gualtieri, anche ministro dell’Economia nel governo rossogiallo ed ex eurodeputato pd, alle suppletive del primo marzo nel collegio Roma I. Un collegio dove il centrosinistra è tradizionalmente forte, e una data che molti immaginano come l’inizio possibile del riscatto, tanto che a fine gennaio il segretario del Pd locale Andrea Casu aveva esplicitato l’intenzione: “Il primo marzo non sceglieremo solo il deputato del I collegio di Roma ma anche la direzione che vogliamo dare al futuro”. E negli ultimi giorni, attorno alla candidatura di Gualtieri, si sono mobilitati circoli, eletti e militanti democratici al grido di “fermare la destra più becera e pericolosa dal Dopoguerra a oggi”.

 

Si sono mobilitati anche ministri, padri fondatori del Pd ed ex presidenti del Consiglio, da Dario Franceschini a Walter Veltroni a Paolo Gentiloni. La sensazione è quella dell’ottimismo della volontà schierato a dispetto di una serie di problemi sovrastanti: prima di tutto l’alleanza governativa con i Cinque stelle, che a Roma però sono avversari, e poi il fatto che l’unità del centrosinistra, nella corsa a sindaco del 2021, deve fare preventivamente i conti proprio con la candidatura di Calenda. E l’ex ministro dello Sviluppo, qualche giorno fa, nel far aleggiare la propria candidatura, si è da un lato mostrato possibilista, dall’altro non proprio (“serve un’alleanza il più grande possibile. Sono per una coalizione larghissima di forze, interessi e rappresentanze civiche ma non per una coalizione che riporti al governo chi ha sfasciato questa città”, ha detto) e ha fatto sapere di essere “totalmente contrario alle primarie perché ci sarebbero 28 candidati su varie posizioni, perderemo sei mesi di tempo e nessuno arriverebbe alle primarie con un livello di visibilità forte. E poi arriva Giorgia, o magari lei no ma qualcun altro sì. Se il Pd vuole fare le primarie se le faccia”. Uomo avvisato mezzo salvato? Fatto sta che la strada, suppletive a parte, non sembra sgombra di ostacoli: primo tra i quali il nome da scegliere per essere davvero competitivi.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.