Francesco Rutelli (foto LaPresse)

Rutelli ci racconta perché ha creato una scuola di servizio civico

Gianluca Roselli

Ecco i corsi dedicati a chi abbia vuole di impegnarsi per Roma: "Deve finire la narrazione dell’uomo solo al comando, di quello che arriva e ha la soluzione per tutto"

Roma. “Nel passato a formare le future classi dirigenti erano i partiti, con le loro scuole, ma anche il sindacato e le parrocchie. Ora questa filiera formativa non esiste più. Anche per questo siamo di fronte a nuove classi dirigenti così fragili e in crisi. Alla luce della mia esperienza ho avvertito la responsabilità di dare un contributo per aiutare a far crescere le nuove leve del futuro”. Questo è il ragionamento da cui parte Francesco Rutelli per spiegare cosa l’ha spinto a creare la Scuola di Servizio Civico, che quest’anno esordirà per dare una mano a tutti quei giovani (e non) che avranno voglia di impegnarsi per Roma, ma non solo. Funziona così: nel 2020 ci saranno due sessioni, tre mesi prima dell’estate e tre dopo. Potranno iscriversi giovani laureandi (all’ultimo anno), laureati e professionisti, fino a un massimo di 40 anni di età. L’iscrizione costerà 400 euro e le lezioni si svolgeranno in aule messe a disposizione dall’Università di Roma Tre, dalla John Cabot University e dalla Unint (Università Internazionale).

 

I docenti, da Sabino Cassese a Paolo Urbani, da Susanna Tradati a Carlo Ratti, s’impegneranno in maniera volontaria e il tutto sarà autofinanziato. Urbanistica, trasporti, lavori pubblici, manutenzione urbana, servizi sociali, integrazione, ecologia e sostenibilità, quadro normativo, contrasto alla corruzione, governo della bellezza (cultura e turismo), economia e produttività saranno alcune delle materie insegnate. “Ci saranno poi dei master su temi specifici per chi già è attivo dal punto di vista professionale e faremo lezioni pubbliche alla città aperte a tutti. Per chi segue i corsi, invece, due punti d’eccellenza saranno i sopralluoghi nei quartieri e negli uffici della pubblica amministrazione, e la cosiddetta ‘legal clinic’, ovvero lo studio su come si risolvono i problemi concreti norme alla mano, dal punto di vista legale”, spiega l’ex sindaco, che ha governato la città dal 1993 al 2001.

 

Rutelli, perché? “Deve finire la narrazione velleitaria dell’uomo solo al comando, di quello che arriva e ha la soluzione per tutto. Così come occorre dire basta anche a quella del ‘chiunque va bene’, dell’uno vale l’altro, dove si annullano le competenze, che diventano quasi un fastidio, in nome di un presunto collettivismo che non esiste”. In questi due anni la giunta di Virginia Raggi ha cambiato una ventina di assessori, più sette amministratori delegati di Ama. “Non mi interessa la polemica politica con chi è al governo della città. Dico solo che Roma da molti anni ha perso fiducia in se stessa: questo è il deficit più grande. I cittadini devono ritrovare fiducia nelle proprie capacità e nei confronti dell’amministrazione pubblica. I romani devono fidarsi gli uni degli altri. Basta pensare solo al proprio orticello: bisogna uscire, mettersi in gioco”. La guida, però, è importante. “Certo. Spesso si è avuta la sensazione di un Campidoglio chiuso in se stesso, con incarichi agli amici del proprio circoletto. Invece un sindaco deve essere in grado di circondarsi di una squadra migliore di lui nei rispettivi settori. Mi piacerebbe che il prossimo sindaco si presentasse con cento persone intorno, tutte valide e motivate”. Basta a risollevare la città? “No, ci vuole anche una mission, un obbiettivo comune su cui lavorare. Dopo essere stata la città delle rendite speculative e dell’impiego pubblico, oltre che del turismo, penso che Roma debba puntare sul digitale e sulla semplificazione. Se riusciremo a trasformarla in una città altamente digitalizzata, dove ‘è facile fare le cose’, allora torneremo ad attirare investimenti, generare ricchezza e a essere competitivi a livello internazionale”.

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