La fine di Pell
Ma quale riforma della curia, in Vaticano si vuole sapere come andrà l’appello del cardinale australiano
Il cardinale non ha voglia di parlare della riforma della curia – “Sì, è quella che si è vista sui giornali, non mi pare tutta questa gran cosa, obiettivamente. Vedremo poi all’atto pratico” – perché mi dice che c’è ben altro di cui parlare. A pranzo si mangia di magro pur non essendo venerdì e non essendo di Quaresima – “approfitto quando sono in casa per tenere sotto controllo i valori, finché si può” – ma l’attenzione più che al branzino va al tema che più sta a cuore all’eminenza: “A giorni sapremo il destino del cardinale George Pell. Inizierà l’appello (è iniziato mercoledì, ndr) e si vedrà cosa accadrà. Se la condanna di primo grado fosse confermata, sarebbe l’apocalisse. Pell non è come McCarrick, che la punizione l’ha subita quand’era ormai vecchio e pensionato da molti anni. Pell fino a pochi mesi fa era il prefetto della Segreteria per l’Economia, uno dei pezzi da novanta della curia, chiamato a Roma appositamente da Papa Francesco”.
Come la vede, eminenza? “Male. Io non penso che Pell sia colpevole, lo conosco e ho seguito bene l’iter processuale. Le basti sapere che la prima giuria non riuscì a pronunciare alcun verdetto, divisa com’era. Poi la gogna, i giornali, le televisioni, hanno portato a questa situazione. Speriamo bene”.
Ma non crede che in caso di assoluzione la chiesa sarebbe vista di nuovo come l’epicentro di tutti i mali, una grande casa dove comunque la si fa sempre franca? “Non mi pare mica. Da anni la chiesa è sotto attacco e non fa altro che chiedere scusa e punire. Sarebbe anche ora di mettere qualche puntino sulle ‘i’”.