Un albero è caduto a Roma nei pressi di Piazza della Repubblica a causa del forte vento (Foto LaPresse)

Altro che “fase due”, i problemi di Roma sono ancora irrisolti

Marianna Rizzini

Virginia Raggi, dopo l’assoluzione (caso Marra), aveva promesso il rilancio della città. Ma non è cambiato nulla

Roma. La ripartenza, la fase due, la rivincita sul fango, il rilancio, il turbo, la riqualificazione delle zone degradate, il potenziamento della sicurezza, la monnezza che sparisce: Virginia Raggi, soltanto qualche mese fa, e cioè dopo l’assoluzione dall’accusa di falso nel processo attorno al cosiddetto caso Marra, aveva annunciato, non senza grandeur, di essere pronta a ridare slancio alla macchina capitolina inceppata e provata da quasi tre anni di non brillante gestione (al netto delle dimissioni a catena di assessori, delle crisi-spazzatura, dei dubbi sul “chi decide cosa”).

 

E, nei giorni successivi alla sentenza, Raggi si era fatta vedere attiva anche sul fronte “concorrenza con la Lega”, concorrenza anche plasticamente rappresentata dalla compresenza del sindaco e del ministro dell’Interno Matteo Salvini durante lo sgombero delle ville dei Casamonica al Quadraro – ed era come se Raggi volesse rispondere alle precedenti mezze-accuse leghiste (sull’amministrazione a Cinque stelle che poteva fare di più). Intanto Giuliano Pacetti, capogruppo del M5s in Campidoglio, con baldanza presentava il programma della ripartenza su ambiente, viabilità e trasporti, al grido di: “In questi due anni abbiamo soprattutto seminato e ora raccogliamo i frutti”.

 

E però in questi mesi Roma, partendo dalla fine, e cioè dall’incredibile fatto-simbolo dell’autista di autobus che si porta a casa l’autobus, parcheggiandolo sotto casa sua, non è uscita dalla labilità dei tweet e dei post che restano quello che sono: parole. Ripartire, sì, ma come? Le imprese, infatti, e non da oggi, denunciano condizioni proibitive di lavoro nella città della burocrazia soffocante (e del fallimento dei “tavoli per Roma”). E, con le recenti dimissioni dell’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari e dopo la revoca del cda di Ama, si capisce una sola cosa: una visione non c’è. Non c’è sul vero rilancio di Roma (imprenditoriale? culturale?), non c’è sul verde e sui rifiuti.

 

Si può considerare utopia l’idea di una capitale a “rifiuti zero” (linea Montanari) ma se poi non si ha chiaro il piano d’azione come minimo può capitare la proposta anche scherzosamente detta “dei cittadini che puliscono i marciapiedi” (è successo davvero, a inizio gennaio, quando si è parlato di “coinvolgere i frontisti”, cioè chi abita o lavora fronte strada, nelle “operazioni di spazzamento”). E può capitare, senza visione, pianificazione e prevenzione, che un pino centenario del quartiere Prati (è successo lunedì) si schianti su macchine e persone, e che una stazione della metro (Repubblica) rimanga chiusa per quattro mesi. E la sicurezza? Il sindaco intanto ha scritto a Salvini, auspicando le annunciate norme “anti-barbari” (hooligan e turisti violenti).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.