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“La città è depressa, ci vuole il Prozac: cioè eventi e fantasia”

Gianluca Roselli

Fabio del Giudice, direttore della fiera “Più libri più liberi”, ha riempito di senso la nuvola di Fuksas. “Le cose si possono fare”

Roma. “Negli ultimi anni ho visto reagire la città solo per il derby. Vedere file lunghissime per i libri è stato emozionante”. Fabio Del Giudice è il direttore di Più libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria realizzata dall’Associazione italiana editori, giunta alla diciassettesima edizione, andata in scena la scorsa settimana alla Nuvola, il centro congressi progettato da Massimiliano Fuksas, all’Eur.

 

Portare la manifestazione alla Nuvola ha rappresentato la sua consacrazione.

“E’ già il secondo anno che siamo qui e vorremmo restarci. La manifestazione è diventata un grande evento culturale che la Nuvola ha reso unica. Poi è un modo per aprire questa struttura ai cittadini che, normalmente, non possono visitarla. E’ come aver restituito qualcosa alla città, attraverso i libri”.

 

Più di 600 appuntamenti, 545 editori presenti, oltre 97 mila ingressi. Numeri importanti.

“Siamo entrati nel ranking delle 4 o 5 grandi manifestazioni culturali italiane. Quando siamo partiti 17 anni fa, scommettendo sui piccoli e medi editori, in un paese dove si legge poco, sembrava un’idea folle”.

 

Avete in programma di aprire ai grandi editori?

“No. Vogliamo conservare la nostra vocazione continuando a dare voce ai piccoli, ampliando però la parte ‘business’ per gli addetti ai lavori – favorendo la connessione tra editori – e il settore dell’editoria per ragazzi. Un pubblico straordinario e coinvolgente”.

 

Il successo della manifestazione è un buon segnale per la città.

“I romani sono indolenti e in questo periodo soffrono di una profonda depressione. Che si può curare con un bravo psicologo che offra una narrazione diversa della città, perché a volte ce la raccontiamo peggio di quello che è. Ma serve anche un bravo psichiatra che dia un po’ di Prozac. E il Prozac in questo caso sono i grandi eventi, di cui la Capitale ha bisogno. Ci siamo noi, c’è la Festa del cinema, c’è stata la Formula E. Ce ne vorrebbero altri”.

 

Cosa pensa di questa amministrazione?

“Abbiamo lavorato bene sia con il vicesindaco Luca Bergamo sia con il governatore Nicola Zingaretti, che hanno fatto ciò che il pubblico dovrebbe fare: sostenere e controllare senza interferire. Sono invece più critico nei confronti degli investimenti privati, che spesso si fanno desiderare, a partire dalle fondazioni bancarie. Per attrarre investimenti, però, ci vogliono grandi progetti e la capacità manageriale di portarli avanti”.

 

La sensazione è che in Comune manchi progettualità. Secondo lei quale vocazione dovrà avere Roma nei prossimi 10-15 anni?

“Roma è una grande Capitale, una delle città più visitate al mondo, e ha una realtà complessa: è difficile trovare un’unica vocazione. C’è il turismo, c’è la cultura, ma occorrono manifestazioni in grado di accendere i riflettori e attrarre pubblico”.

 

C’è un evento che le piacerebbe esistesse?

“Una manifestazione legata al cibo. Magari proprio all’Eur che, come dimostra il nostro successo, è un luogo ideale. I romani non amano l’Eur, non lo considerano nemmeno Roma. Noi siamo riusciti a portarli qui e speriamo di non essere gli unici”.