Un'immagine di Baby, la nuova serie di Netflix

Calepini e Champagne

Giuseppe Fantasia

La festa di Netflix e quella silenziosa organizzata da Maurizio Cattelan al Grand Hotel et de Milan

Una grande villa al Fleming affacciata su Corso Francia e illuminata di rosa. Bodyguard all’ingresso e all’interno un mondo che solo Roma ha o riesce a creare ogni volta. Netflix la sceglie per festeggiare la nuova serie che si chiama “Baby”, in ricordo della vicenda delle squillo minorenni dei Parioli che l’ha ispirata. Arriva il cibo: hamburger, matriciana e tapas, vino e spritz. All’Olimpico c’è la partita, in molti arrivano in ritardo, ma Andrea De Sica e Anna Negri, i registi di questa “storia di gggiovani raccontata da gggiovani”, sono già lì, tra Scamarcio e Isabella Ferrari, Claudia Pandolfi e le due protagoniste: Benedetta Porcaroli e Alice Pagani. Un dj veneto ma col nome jappo (Yakamoto Kotzuga) suona, ma non ce n’é per nessuno quando arrivano i Maneskin. Se Roma è complicata, questa serie vi farà pensare il contrario: no buche, no parcheggi in doppia fila, no difficoltà, no Raggi.

  

In ogni caso, vi potrà aiutare Loquis, la app gratuita in cinque lingue creata da Bruno Pellegrini, un navigatore che invece di indicare le strade da percorrere, racconta le storie di chi la abita, dall’arte ai set fino alle feste immancabili. Quella più originale e divertente è stata “Silence!The Party”, organizzata da Maurizio Cattelan al Grand Hotel et de Milan. Unica regola: il silenzio. Si scriveva tutto su eleganti taccuini Pineider, si beveva Dom Perignon come fosse San Pellegrino per aiutare l’immaginazione, si mangiava sushi nei bagni, salumi negli armadi, formaggi in camere con vasche piene di ortaggi, tra oroscopi, foto sexy di Lady Tarin, Arisa, Anna Dello Russo, Massimo Giorgetti, Melissa P. e Geppi Cucciari, tutti in black tie. Mentre la Barale scappava via con una testa di zebra, è arrivata Mara Venier. Il pr Paride Vitale le scrive: “Ti vedo rilassata”. E lei, a voce, nel suo inconfondibile “romanveneto”: “Macché, ma se me faccio un b… de c… così”! Risate generali fino alle lacrime. Silenzio sì, ma con “a touch of sarcasm”.

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