Virginia Raggi e Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Raggi, Di Maio, Calenda: dal Tavolo alla Cabina per Roma

Marianna Rizzini

Il canovaccio per scontro politico (e di caratteri) attorno alla capitale

Roma. “Questa volta si fa sul serio”, ha detto in un video su Facebook, muto ma su base musicale, il sindaco di Roma Virginia Raggi, dopo aver incontrato il vicepremier e ministro del lavoro Luigi Di Maio e aver annunciato la prossima messa a punto di una “cabina di regia” per Roma. E nel “questa volta si fa sul serio” sta la chiave della grande polemica, ma anche del grande gioco di ruolo, che ha coinvolto e ancora in parte coinvolge la giunta a Cinque stelle, da un lato, e l’ex ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, anche coprotagonista della complicata fase post-elettorale e precongressuale del Pd (sua è l’idea del Fronte repubblicano antipopulisti).

 

Questa volta, dice Raggi: cioè non quella precedente. Perché quella precedente, che comprende gli eventi sviluppatisi nel corso del 2017 attorno al cosiddetto “Tavolo per Roma”, allora composto da Campidoglio, Mise, Regione di Nicola Zingaretti, Unindustria e sindacati confederali, ha visto lo scontro diretto tra il sindaco Raggi e l’ex ministro Calenda, oggi accusato dai Cinque stelle che siedono in comune di aver “promesso una scatola vuota: due, tre miliardi di cui non si è visto un euro”. Non è una storia qualsiasi, quella del Tavolo per Roma, progetto incompiuto e canovaccio che ha permesso il dispiegamento di una lotta di caratteri e posizioni politiche: se, infatti, a Tavolo avviato, c’era una Raggi che per così dire non compariva e un Calenda che diceva “non presentatevi con la lista della spesa”, a Tavolo ancora in fieri c’era stata una Raggi che cercava una pre intesa con i sindacati (con “Fabbrica Roma”, patto per “rilanciare la vocazione produttiva di beni e saperi della città, le infrastrutture materiali e immateriali che la sostengono e per rinnovare profondamente il sistema di coesione sociale”) e c’era stato un Calenda che diffondeva, dal Mise, un lungo dossier sulla crisi romana, indirizzato al sindaco e alla Regione Lazio, dossier che comprendeva un “piano strategico” per Roma da attuarsi con i 2,6 miliardi già disponibili tra fondi regionali, statali ed europei.

 

E però poi l’idea di “Tavolo”, appunto, si scontrava inizialmente contro il “nì” del Campidoglio, con contorno di telefoni che squillavano a vuoto (“Raggi non risponde”, diceva l’ex ministro) e poi di sms del sindaco definiti “di circostanza” e poi ancora di qualche incontro di riparazione. A chi ha giovato la polemica su Roma? si domandavano alcuni osservatori, convinti che fosse meglio cercare di “portare” Raggi alla montagna e non calcare mediaticamente sui “niet”. Fatto sta che Calenda, poco prima delle elezioni, ospitava al Mise la firma di un protocollo d’intesa per i primi 8 progetti per Roma, alla presenza dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e di quello della Cultura Dario Franceschini. E però tutto scorre, e oggi Raggi dice: “Confido in Salvini”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.