Uno stabilimento balneare di Ostia (foto LaPresse)

A Ostia la guerra all'abusivismo edilizio è una barzelletta

Massimo Solani

Centinaia di ordinanze di demolizione negli stabilimenti balneari. Ma il comune abbatte solo sulle spiagge libere

Roma. A Ostia, in quel lungomare dove per dirla con Francesco Guccini il mare “è solo un dubbio un’intuizione” dietro il muro chilometrico che protegge gli stabilimenti balneari, il Comune di Roma e il X Municipio guidato dalla grillina Giuliana Di Pillo soffrono di un curioso caso di miopia: guardano le spiagge ma non vedono. Non vedono le centinaia di abusi edilizi che costellano praticamente tutte le 71 concessioni balneari e su cui pendono innumerevoli ordinanze di demolizione. Non vedono i pontili completamente irregolari che arrivano fin sulla battigia e le migliaia di metri quadrati di spiaggia pubblica che molti stabilimenti trattano come cosa propria arrivando persino a recintarle in inverno. Non vedono le piscine fuorilegge, le costruzioni multipiano nate come spogliatoi e trasformate in solarium, i parcheggi realizzati su terreno demaniale e i chioschi diventati ristoranti.

 

In compenso, però, il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Campidoglio Paolo Ferrara e la neoeletta presidente Di Pillo hanno visto benissimo “lo scandalo” degli otto lotti di spiaggia libera attrezzata che fino all’estate del 2016 erano affidate ad associazioni e cooperative no profit che curavano i servizi connessi alla balneazione. Affitto lettini e ombrelloni e piccoli chioschi che negli ultimi anni, prima dello stop deciso dall’allora prefetto  Domenico Vulpiani a seguito di un’istruttoria condotta dall’Autorità Anticorruzione sul bando di affidamento del servizio, avevano visto nascere importanti iniziative sociali e di legalità. Come la spiaggia “Spqr” ex Amanusa gestita da Uisp e Libera che, dopo una campagna di calunnie orchestrata proprio dal Movimento, era stata costretta a chiudere i battenti con un anno di anticipo ponendo fine ad un’esperienza pilota di legalità e trasparenza in un terreno di mafia in coda ad una guerra di carte bollate legata ad alcuni abusi edilizi riconducibili alla gestione precedente. O come quella “La Cajenne” gestita dalla cooperativa sociale Villa Maraini in cui lavoravano ex detenuti o ex tossicodipendenti usciti dalle comunità terapeutiche. O ancora la spiaggia “Happy Surf” che dal 2007 curava progetti di lavoro rivolti a ragazzi disabili o “messi alla prova” dai tribunali minorili. Stabilimento dove, peraltro, la stessa sindaca Raggi festeggiò l’elezione a primo cittadino assieme a Luigi Di Maio. In quell’area, infatti, sorgerà la “Baubeach”, la spiaggia per cani, che prima era nella zona dei Cancelli a costo zero, e che invece ora è stata messa a bando per 120mila euro.

 

Dopo lo sfratto a fine 2016 deciso dal prefetto Vulpiani, infatti, adesso sul lungomare sono iniziati gli abbattimenti delle strutture in cui le associazioni hanno lavorato in questi anni. “La riqualificazione del litorale parte dal ripristino della legalità”, ha scritto su Facebook Paolo Ferrara. Come se bastasse tirare giù con le ruspe otto chioschi e chiudere gli occhi davanti a quello che succede nel resto del lungomare.

 

Quello che Ferrara non dice, però, è che il responsabile degli abusi commessi in negli otto lotti è innanzitutto il Comune di Roma, che quelle strutture aveva costruito e realizzato e che l’abbattimento rappresenterà l’ennesimo capitolo di una battaglia legale e giudiziaria che sta già montando in procura. Anziché procedere per tempo ad un nuovo bando e dare così alle associazioni di ricominciare il proprio lavoro, il Campidoglio ha deciso di mandare le ruspe. “Ma noi non abbiamo commesso alcun abuso – spiega Massimo Peroni, presidente di Villa Maraini - Abbiamo dato lavoro mediamente a 14 persone per stagione e dal 2006, quando abbiamo vinto la gara per gestirla dopo che l’autorizzazione era stata tolta ai predecessori perché malavitosi, hanno lavorato complessivamente 140 giovani”.

 

Ricorsi o meno, inchieste o no, quel che è certo è che in questo modo per la seconda estate di seguito le spiagge libere attrezzate di Ostia resteranno chiuse. Per la gioia dei balneari che invece indisturbati continuano a fare affari e a dettare legge. “Questo è un periodo di transizione in cui l’amministrazione si prenderà l’onere di garantire i servizi essenziali per le spiagge durante la stagione balneare 2018 – ha spiegato Ferrara – Completato l’iter burocratico si procederà al rilascio di nuove concessioni”. Nel frattempo però i bandi emessi per la stagione che inizierà fra poche settimane riguarderanno praticamente soltanto la fornitura di acqua potabile e luce e il servizio di salvataggio in mare. “Hanno previsto 12 postazioni bagnini per quattro chilometri di spiagge, servizio sette giorni su sette soltanto da metà giugno a fine agosto, per il resto solo nei fine settimana – commenta Stefano Albertini dell’“Happy Surf” – E’ così che il Comune pensa di rispettare l’obbligo legale di tutelare l’incolumità pubblica e privata dei cittadini? E con quali soldi intendono garantire l’illuminazione anche notturna e la fornitura di acqua potabile per ogni lotto? Noi spendevano mediamente circa 11 mila euro a stagione. Dove li trova 100 mila euro il Comune? E chi si occuperà della pulizia della spiaggia? E con quale personale?”. Il bando, già annullato una volta, secondo indiscrezioni è già un flop clamoroso.

 

Nel frattempo ovviamente i balneari festeggiano. Forse allora ci avevano visto giusto quando negli anni scorsi hanno sostenuto più o meno apertamente la corsa elettorale del Movimento. Dagli incontri al Polo Natatorio con Carla Ruocco alle cene elettorali con ospite Roberta Lombardi in quella che, dopo la revoca della concessione alla cooperativa “Roy’s” del pregiudicato Roberto Bocchini amico fraterno di Paolo Ferrara, divenne poi la spiaggia Spqr di Libera. “Per avere una copertura politica bisogna fare un salto di qualità e l’unica forza politica che potrebbe darci una mano sono i 5 Stelle”, diceva al telefono intercettato il presidente dei balneari di Ostia Renato Papagni, sotto processo per alcuni abusi macroscopici nel suo stabilimento “Le Dune”. Era il giugno 2015, i mesi della battaglia del sindaco Ignazio Marino e dell’assessore Alfonso Sabella contro l’illegalità a Ostia. Sembra passato un secolo.

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