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Caso scontrini, la Corte d'Appello ribalta la sentenza di primo grado: Marino condannato

Redazione

Dimesso e mazziato, poi assolto, ora condannato a due anni per le cene di rappresentanza pagate con la carta di credito del Campidoglio

L'ex sindaco di Roma Ignazio Marino è stato condannato a 2 anni di reclusione dalla terza sezione della Corte di Appello di Roma. L'accusa è di peculato e falso, il processo riguarda la famosa vicenda della rendicontazione degli scontrini di alcune cene di rappresentanza, che erano state pagate con la carta di credito del Campidoglio. Il procuratore generale Vincenzo Saveriano aveva chiesto una condanna a 2 anni e mezzo per l'ex sindaco, che era stato assolto in primo grado. 

  

"La responsabilità di Marino è inesistente", ha detto il difensore Enzo Musco nella sua arringa difensiva. "Leggendo l'atto di appello si ha l'impressione che la procura consideri il sindaco della Capitale d'Italia come una sorta di burocrate che lavora a tempo per cene. Marino è riuscito a far guadagnare alla Capitale somme ben superiori alle modeste spese di rappresentanza sostenute". Secondo Musco Marino, assolto in primo grado, "in 28 mesi da sindaco ha dimostrato come si potesse cambiare il volto di una città".

 

Tutto inizia nel 2015, a inizio ottobre, con due esposti: il primo, presentato da Fratelli d'Italia, il secondo da alcuni consiglieri comunali del Movimento 5 stelle, tra i quali figurava l'attuale inquilino del Campidoglio Virginia Raggi. A fine mese, Marino si era dimesso, travolto da uno scandalo che faceva riferimento alla consumazione di 56 cene, per una spesa complessiva di 12 mila euro, avvenute tra il 2013 e il 2015 in vari ristoranti della Capitale e non solo. In primo grado, la procura aveva chiesto 3 anni e 4 mesi. Nella vicenda era finita anche "Imagine", la Onlus fondata nel 2005 dallo stesso Marino per portare aiuti sanitari in Honduras e Congo. L’ex sindaco è stato prosciolto dall’accusa di truffa in merito alla sua onlus: era stato indagato assieme a un suo dipendente che, secondo i magistrati, aveva simulato tre assunzioni, in realtà inesistenti. In questo caso però era stata la stessa procura generale a chiedere l’assoluzione: Marino, aveva detto, poteva non essere a conoscenza delle operazioni del suo dipendente.

   

Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, che l'aveva assolto, i giudici avevano sostenuto come le cene fossero state vagliate dall'Ufficio del Cerimoniale, della Ragioneria generale e, indirettamente, quello della Corte dei Conti". "Qualcuno dovrebbe scusarsi e guardarsi allo specchio", disse quel giorno l'ex primo cittadino. Era il 7 ottobre 2016. Parole che avevano sancito la vendetta per il medico genovese, a un anno esatto dagli esposti che avevano sollevato il caso. E ora, arriva la condanna, per una truffa che però è più di tutto politica.