LaPresse/Fabrizio Corradetti

Orde umane in banchina. E' la metro di Roma

Lo sciopero bianco rallenta il servizio di trasporto pubblico. L'Atac è in dissesto. “Bisogna privatizzare”, osserva un distinto abbonato

Martedì 21 novembre, ore 8.20, stazione di Valle Aurelia. I tornelli in simil plexiglass sono chiusi, non si passa. Un’addetta dell’Atac in giubbotto nero, occhiali appannati e capelli raccolti, ferma la folla: “Signori, non è possibile passare. La banchina sotto è sovraffollata e per ragioni di sicurezza non è consentito superare i tornelli. Ci sono pochi treni”. E perché ci sono pochi treni?, domanda uno. “Saranno rotti”, risponde lei. La folla, che nel frattempo si fa massa, inizia a rumoreggiare. “Chiamate i Carabinieri!”, urla dalle retrovie un uomo. “Voglio denunciare il sindaco di Roma!”, tuona un altro, mentre la massa umana ormai è diventata orda. “Signorina noi dobbiamo andare a lavorare e voi fate lo sciopero bianco!”, s’ode dalle retrovie. “Dovete fallire!”, grida una signora. “Bisogna privatizzare l’Atac, vergogna!”, osserva un distinto abbonato dei servizi di trasporto locali. L’impiegata si rifugia nella stanza dei controllori, ripetendo all’altoparlante il messaggio: vietato entrare, banchine sovraffollate. Non serve a nulla, una signora elegante forza il blocco, la breccia è aperta e l’orda umana occupa le banchine in attesa di un treno.

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