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Raggi e Zingaretti frenano il piano per Roma

Salvatore Merlo

Il ministro Calenda li invita per discutere del rilancio economico, sindaco e presidente della regione non rispondono

Roma. Il dettagliatissimo studio del ministero dello Sviluppo, reso pubblico alcuni giorni fa, ha restituito una fotografia dell’economia romana post crisi che ha confermato le preoccupazioni diffuse in ambienti dell’imprenditoria e della politica più avvertita. Vista con il grandangolo, Roma cresce, anche se poco. Crescono infatti gli occupati, sono aumentate le aziende, è cresciuto l’export. Ma vista con lo zoom, nel dettaglio, la fotografia presenta elementi preoccupanti, specie se la città viene paragonata alle sue più ovvie concorrenti nel mondo. Roma risulta avere una resilienza estremamente inferiore a quella di Parigi, di Londra o di Berlino, un tessuto produttivo polverizzato in aziende sempre più piccole, e un sistema turistico che, sì, macina, ma sembra tarato su un’offerta per così dire “in ciabatte”, come il turismo che serve e attrae. E infatti aumentano i venditori ambulanti, i camion-bar, i negozi di chincaglierie cinesi, che fanno aumentare il pil, certo, ma il punto è: che città vogliamo che diventi Roma?

 

Di fronte a questo quadro, che rivela la crisi tremenda che si è abbattuta su tutta l’economia più sviluppata della città, sull’economia – per semplificare – da “primo mondo” (non quella dei mutandari e degli affitti stagionali che è cresciuta), il ministero dello Sviluppo ha invitato la regione Lazio e il comune di Roma a partecipare a un ambizioso progetto di pianificazione e rilancio dell’economia cittadina. Così, il 21 settembre, una lettera di invito, articolata, è stata consegnata a Nicola Zingaretti e Virginia Raggi, oltre che al presidente degli industriali, Filippo Tortoriello, e alle rappresentanze sindacali. Il primo incontro è stato fissato al ministero di Carlo Calenda per il 4 ottobre, cioè in tempi ravvicinatissimi, proprio per segnalare l’urgenza e la necessità di un tempestivo intervento. E infatti, con altrettanta tempestività, quasi tutti hanno risposto alla convocazione, ovvero i sindacati e gli industriali. Tutti, appunto. Tranne Zingaretti e Raggi.

 

Il silenzio del presidente della regione e del sindaco, ma anche l’affettato disinteresse del Pd romano nei confronti della vicenda economica della città, sono sintomatici. Raggi e il M5s sono sospettosi dell’iniziativa, ne temono gli effetti dal punto di vista propagandistico, sono concentrati sulle elezioni di Ostia, e hanno speciose difficoltà in ogni faccenda che richiede la collaborazione istituzionale con “i partiti della casta”. Zingaretti e il Pd romano, invece, sono incredibilmente orientati verso la palude, la cercano, si adagiano, seguendo un calcolo che suona all’incirca così: se non facciamo nulla, vedrete che la Raggi va a sbattere. Purtroppo, con Raggi, potrebbe finire male anche Roma. E dopo il M5s non è affatto detto che tocchi al Pd, anzi. Inoltre nel Pd è diffuso un timore grottesco, e cioè che se questa iniziativa del ministero dello Sviluppo dovesse avere successo, Calenda diventerebbe un naturale candidato sindaco. E insomma tra grillini e Pd la politica romana ricorda tanto quella del peggiore meridione di un tempo. E così si capisce anche perché la città non se la passa bene.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.