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Perché sul referendum Atac il Pd rinuncia a fare politica

Gianluca De Rosa

Schierarsi con i Radicali? No. L’idea è un’altra: una proposta del partito per il rilancio del trasporto pubblico da presentare entro settembre agli iscritti

La prima direzione cittadina del Pd post commissariamento, convocata ieri pomeriggio dal neo eletto segretario, il renziano Andrea Casu, doveva decidere se il partito aiuterà i radicali nella raccolta firme per il referendum consultivo sulla messa a gara del trasporto pubblico locale entro il 2019 (anno in cui scadrà il contratto di servizio tra Comune e Atac). A chiedere aiuto al Pd erano stati Emma Bonino e il segretario dei Radicali italiani, Riccardo Magi. Proprio Magi ieri ha atteso a lungo sotto il Nazareno: “Avevano detto che mi avrebbero invitato su a parlare, ma alla fine non i hanno fatto nemmeno entrare”.

 

Dalla relazione iniziale del segretario Casu si è capito subito che la risposta al Pd sarebbe stata un edulcorato No. L’idea è un’altra: una proposta propria del partito per il rilancio del trasporto pubblico da presentare entro settembre agli iscritti, “dopo la disastrosa gestione di Alemanno e le incapacità di risanamento della sindaca Raggi”. C’era un occasione per fare politica, e il Pd l’ha rifiutata. Per quanto riguarda invece l’adesione alla raccolta firme dei Radicali, alcuni esponenti (Walter Tocci e Marco Causi) sono intervenuti a favore. Più critica la capogruppo in Campidoglio Michela De Biase che pur condividendo l’idea della messa a gara del trasporto pubblico locale voluta dai radicali, ha chiesto di non accodarsi a iniziative di altri. E così la discussione si è trasformata nella ricerca di una forma di gara in salsa Pd. Anche se alcuni sono rimasti contrari alla gara tout court, come il deputato Umberto Marroni.

 

La linea sulla raccolta firme dunque sembra semplice: lasciare le cose come sono. No ai circoli mobilitati ad aiutare i radicali come chiedeva Bonino, ma libera iniziativa a iscritti e membri dell’assemblea romana che potranno raccogliere le firme, ma lo faranno come privati cittadini. Un’occasione persa per il partito di ricominciare a fare davvero politica a Roma come scrive oggi il Foglio nell’editoriale di pagina tre.

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