Luca Bergamo e Virginia Raggi. Foto LaPresse/Fabio Cimaglia

L'eccezione grillina alle comunali nel Lazio

Marianna Rizzini

La capitale è un disastro, eppure il M5s vince nei comuni laziali di Ardea e Guidonia

Schema numero uno: un partito vince le elezioni amministrative o politiche, poi l’eletto commette alcuni errori (o comunque l’elettorato li percepisce come tali), e alle successive elezioni, amministrative o politiche – le prime che si presentano sul suolo nazionale, anche in luoghi molto distanti – il partito viene immediatamente e anche a volte impietosamente “punito”, vuoi per colpe reali vuoi per inconscia adesione al detto “piove governo ladro”. Schema numero due: i Cinque Stelle (giugno 2016) vincono le elezioni amministrative a Roma, Virginia Raggi sale al Campidoglio, la partenza è in salita e l’estate si rivela complicata (dimissioni in massa di assessori e vertici municipalizzate, caso Muraro che si riverbera sul piano nazionale). L’autunno, l’inverno e la primavera non sono da meno: casi Marra e Romeo, un altro assessore sulla soglia dell’addio (Massimo Colomban), un problema Atac e un intoppo monnezza sul tavolo e le correnti (roba da partiti zombie odiati da Grillo) che si affacciano sotto forma di guerra tra “soldati di Raggi” e “soldati di Lombardi” (Roberta, deputata e punto di riferimento del M5s romano). E però le elezioni successive, amministrative per di più laziali (giugno 2017), vedono i Cinque Stelle vincenti in due comuni contigui alla Roma che i vertici del Movimento (Beppe Grillo e Davide Casaleggio, calato due giorni fa in città per pranzare con il sindaco) vedono come grana non indifferente piazzata sulla via delle Politiche.

    

   

    

E anche se si tratta “soltanto” di due comuni (Guidonia e Ardea, cittadine dove i Cinque Stelle hanno vinto al secondo turno), l’impressione è che il M5s non paghi gli errori dei propri eletti, tanto l’elettorato a Cinque Stelle è mobile e cangiante: per un elettore epidermicamente deluso che se ne va, infatti, ne arriva un altro epidermicamente indignato (contro la casta, i partiti, la burocrazia, il collega potente, l’universo mondo) pronto a dare il voto al Movimento del “vaffa”. E tutti i ragionamenti fatti nel 2014, quando si era pensato, dopo i primi mesi di tragicomici streaming ed epurazioni seguite all’ingresso del M5s in Parlamento, che la vittoria di Matteo Renzi alle europee segnasse la fine del sogno “scatoletta di tonno aperta”, non paiono adatti a descrivere la legge della termodinamica applicata al grillismo: nulla si crea, nulla si distrugge, e per quanti errori faccia un eletto, per esempio il sindaco Raggi, quegli errori non paiono spaventare più di tanto coloro i quali comunque votano (e voterebbero) “contro”, al grido di “sì, sbaglia, ma la colpa è di quelli che sono venuti prima di lei” (variante: “Meglio inesperti che corrotti” – tanto che un sondaggio Ixè, scrive il Corriere della Sera, “darebbe ancora la maggioranza dei romani dalla parte di Raggi”). Intanto il sindaco pranza con Casaleggio jr (che ora dà sostegno condizionato ai risultati), e con la “nemica” Lombardi, in lenta marcia ufficiosa verso la Regione.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.