Virginia Raggi (foto LaPresse)

Populismi urbani si raccontano

Marianna Rizzini

La sindaca Virginia Raggi a Madrid incontra la gemella diversa Carmena

Virginia Raggi è volata a Madrid, al “Global Forum sulla violenza urbana ed educazione alla convivenza e alla pace”, e il titolo del convegno è già un programma nonché un manifesto di concordia tra la sindaca di Roma e la “gemella diversa” Manuela Carmena, sindaca della capitale spagnola eletta in quota Podemos nel 2015, già incontrata da Raggi in Campidoglio il 9 dicembre del 2016. Gli anti-sistema al governo delle città: non è questo il tema del convegno madrileno, ma è questo il pensiero che corre sottotraccia, tanto più che Carmena, quattro mesi fa, aveva illustrato a Raggi le magnifiche sorti e progressive della Madrid in cui, in nome della lotta ai privilegi dei ricchi, si era candidata con slogan inneggianti alla gestione della cosa pubblica “dal basso” e contro il vecchio sistema dei partiti.

 

Ambiente, trasporti elettrici, pedoni idolatrati, uffici anti-corruzione: il modello spagnolo doveva fare scuola, come pure era d’ispirazione, per la Roma a Cinque Stelle degli esordi, il newyorkese “populismo urbano” di Bill de Blasio, dalla definizione data da Thomas B. Edsall sul New York Times. “Dove porta, sul piano nazionale, l’avvento di una nuova era di populismo urbano sotto De Blasio?”, si domandava Edsall, mentre l’allora candidato, non ancora eletto, faceva campagna elettorale sulla scia della dickensiana “tales of two cities”, narrazione della città divisa tra poveracci e ricconi – e infatti De Blasio proponeva progetti a favore degli affittuari (non proprietari), dei lavoratori (non datori di lavoro), e della generalizzata quanto generica “lotta alle diseguaglianze”. E, prima di Raggi, a Roma, il populismo urbano era stato già di fatto incarnato dal sindaco Ignazio Marino, l’uomo delle pedonalizzazioni e del dio-curriculum. E se anche Raggi, nel marzo scorso, non aveva potuto incontrare De Blasio causa tormenta di neve, il New York Times l’aveva intervistata, ascoltandone l’auto-descrizione all’opera (“… prima di costruire le mura di una casa, devi scavare a fondo le fondamenta. Ma adesso stiamo costruendo le mura…”) e però anche facendo la tara, visto il caso Marra (in molti, a Roma, notava il Nyt, considerano i “nuovi politici” non “molto meglio dei vecchi”). Ma oggi Raggi, a Madrid, si prepara a parlare di “gobernanza para la paz” (“pace”, altra parola magica omnicomprensiva), al cospetto della collega spagnola che aveva sbalordito il parterre borghese con l’idea di far sfilare all’Epifania dei Re Magi donna (parità di genere). E all’estero il sogno populista urbano può raccontarsi da capo (ma non rinascere dalla ceneri, ché la realtà ha già fatto irruzione in Campidoglio).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.