Reagire alla crisi: app, lavoro e fantasia

Marco Sarti

Confindustria si lagna, eppure ci sono trentenni che fanno impresa con la new economy

Esiste un’app che si prende cura del nostro tempo. Un sistema che fa la fila al posto nostro e permette di risparmiare ore preziose. L’idea è geniale, nella sua semplicità. “Ho creato Qurami nel 2010, quando ero ancora uno studente di ingegneria informatica” racconta Roberto Macina. Oggi è possibile utilizzare il servizio in oltre 400 strutture di tutto il paese: ospedali, uffici pubblici, negozi e banche. Con il proprio smartphone si prende il numeretto e ci si mette in coda direttamente dal divano di casa. L’applicazione permette di seguire in tempo reale il numero di persone in attesa, e quando sta per arrivare il proprio turno avverte l’utente con una notifica. Il successo di Qurami è nei numeri della sua diffusione. Attualmente l’app è stata scaricata oltre 700 mila volte. Quasi mezzo milione di persone hanno già usufruito del servizio. Lo scorso anno, la consacrazione. La startup è stata scelta tra le cinque realtà simbolo dell’imprenditoria innovativa italiana. Roberto è stato invitato a Palazzo Chigi per conoscere il Ceo di Apple Tim Cook.

 

Unendo creatività e tecnologia, a Roma ci sono tanti giovani che hanno trovato il successo. Piccoli avamposti della Silicon Valley all’ombra dei sette colli. Qurami è una delle tante storie di chi ce l’ha fatta. Nonostante tutto, con l’ambizione e l’idea giusta si può fare innovazione anche qui. E se nessuno assume, tanto vale inventarsi nuovi lavori. “Purtroppo a Roma ci si piange troppo addosso” spiega Macina. “Ma la mia esperienza racconta che con la volontà si può fare tutto”. Dalle parole trapela un ottimismo sconosciuto. Lo stesso di Federico De Cerchio, ventinovenne cofondatore di WineOwine, una startup dedicata al mondo dell’enologia. “E’ impossibile non vedere le opportunità che questa città offre”, racconta lui che è abruzzese. “Io non la cambierei mai con Milano”. La sua società unisce la tecnologia al buon bere. “In Italia ci sono almeno 100 mila produttori di vino, ma il 95 per cento fatica a trovare nuovi clienti”. Da qui l’idea. WineOwine ha un team di esperti degustatori che seleziona i migliori piccoli produttori del Paese e li propone direttamente ai consumatori. “Per promuoverli c’è un grande lavoro di storytelling: raccontiamo cosa c’è dietro ogni vino, la storia delle cantine. Creiamo il contesto per un acquisto emozionale”. Poesia e business. Il portale ha già 200.000 iscritti. E quest’anno la società di Federico venderà online altrettante bottiglie.

 

Qurami e Wineowine sono stati ospitati presso l’acceleratore capitolino Luiss EnLabs. Un grande spazio di co-working di oltre 5.000 a metri quadri dalle parti della stazione Termini. Qui negli ultimi anni è stata supportata la crescita di oltre 40 startup, attraendo oltre 20 milioni di euro da investitori esterni. E’ passata dal Luiss EnLabs anche Manet. “L’idea mi è venuta per caso, in vacanza” racconta il Ceo Antonio Calia. Insieme ad altri sei fondatori ha sviluppato il progetto lavorando in un garage per alcuni mesi. A ottobre la società è entrata nel mercato, oggi ha già raccolto 750mila euro di investimenti. L’idea è curiosa: “Abbiamo sviluppato uno smartphone destinato a sostituire i telefoni fissi nelle stanze d’albergo”. Il dispositivo permette di prenotare i servizi dell’hotel, ma può anche essere portato in giro. Consente di telefonare in tutto il mondo, offre la possibilità di consultare mappe e guide turistiche, può prenotare biglietti per i musei. Un sistema innovativo per albergatori e turisti. Dopo aver avviato una collaborazione con Samsung e Vodafone, oggi tra i clienti di Manet ci sono 35 strutture ricettive, a cui sono stati distribuiti oltre 1.500 smartphone. Da Roma il progetto si è esteso a Firenze e Milano, presto arriverà anche a Venezia. “Non pensavo che in Italia si potesse fare un percorso di questo tipo – racconta Calia – Mi sbagliavo, e noi siamo la dimostrazione”.

 

Idee geniali e fortunate coincidenze. Nella Capitale c’è un mondo poco conosciuto di imprese giovani e innovative. La creatività e la voglia di fare dei ragazzi romani si trova anche nei circa 40 coworking sparsi in città. Realtà molto diverse dagli acceleratori di startup, sono strutture dove lavorano fianco a fianco microimprese, imprenditori e freelance che condividono spazi ed esperienze. Aprendosi a collaborazioni e contaminazioni.

 

Francesco Serventi, romano di 36 anni, è uno dei fondatori di Croqqer. Una startup che risponde alle necessità quotidiane di ognuno. “Hai bisogno di aggiustare un rubinetto? Ti serve una babysitter o vuoi disegnare il logo della tua azienda? Chiunque può pubblicare la sua richiesta sulla piattaforma e trovare all’interno della propria comunità una persona con le competenze e il tempo per aiutarlo”. Chi offre il lavoro può decidere se ricevere un compenso, offrire il proprio servizio su base volontaria, oppure chiedere uno scambio. “Per esempio ti dipingo casa e in cambio ottengo delle lezioni di inglese”, una sorta di economia a Km zero, dove le necessità di ciascuno vengono risolte dal vicino di casa. Il tema delle relazioni umane è centrale. Intanto l’idea prende piede. “I numeri sono incoraggianti” ammette Serventi. Oggi in Italia la piattaforma è attiva in almeno 15 città, ci sono 20.000 utenti e migliaia di connessioni create. Piccola curiosità: a 18 mesi dal lancio si è scoperto che il 35 per cento degli scambi di competenze è avvenuto senza pagamento. Da dove nasce il progetto? “Abbiamo solo provato a immaginare il futuro”.

 

“E’ vero, a Roma c’è un tessuto imprenditoriale importante, di cui si parla poco”, racconta Mario Costanza. Avvocato trentenne, insieme a sei ragazzi un anno e mezzo fa ha fondato Farmosa. Una piattaforma software dedicata ai servizi ospedalieri. A differenza di altre esperienze, è un progetto senza grandi investitori. “Siamo un po’ fuori dal circuito ‘startupparo’ classico” sorride. L’entusiasmo e la creatività sono gli stessi dei precedenti, l’innovativo progetto ha potenziale. “Ogni volta che nei reparti ospedalieri viene prescritto o somministrato un farmaco in maniera non corretta si crea un errore di terapia. Il nostro software, eliminando la carta, traccia tutto il percorso dei medicinali cancellando ogni possibilità di errore. Così si garantisce più sicurezza per i pazienti e meno sprechi per le strutture”. Il prodotto funziona. Lo scorso ottobre Farmosa è entrata nel mercato. Oggi ha già un primo cliente, l’ospedale San Giovanni Battista, ed è già in trattativa con un’altra prestigiosa struttura.

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