Foto LaPresse / Roberto Monaldo

Soft power cinese a Roma

Redazione

Dalla As Roma alle collaborazioni con La Sapienza. Il governo di Pechino battezza il suo istituto di cultura

La Cina è sempre più protagonista a Roma, sia per l’attivismo della nutrita comunità sino-romana, sia per il protagonismo dell’ambasciata della Repubblica Popolare. Mercoledì al Senato, insieme a Pietro Grasso e Pierferdinando Casini, l’ambasciatore Li Ruiyu ha tenuto a battesimo la nascita dell’Istituto per la cultura e gli studi cinesi, con lo scopo di intensificare i rapporti tra paesi. “La Cina ha capito – commenta il senatore Alessandro Maran, che dell’Istituto è il presidente – quanto sia importante il proprio soft power nel mondo, e noi le chiediamo di esercitarlo in favore di una società aperta, contro protezionismo e guerre commerciali”. In platea c’era un po’ di tutto, dai vertici romani del colosso bancario cinese ICBC (con sede a piazza di Spagna) agli operatori del turismo capitolino, interessati all’enorme business dei visitatori cinesi, passando per la Fondazione Italia-Cina (“presieduta da Cesare Romiti”, ricordano i presenti) ai responsabili di OIUC, l’associazione degli investitori cinesi all’estero.

 

L’Istituto avrà sede a Piazza Venezia, pare, segno che le ambizioni sono elevate. “Se son rose fioriranno”, ha chiosato Li Ruiyu citando il proverbio italiano, sottolineando che lui lavora perché il giardino dei rapporti tra i due paesi sia molto fiorito e colorato. C’è voglia di Italia, in Cina. Il nostro paese è sempre in disavanzo commerciale con Pechino, ricorda Alessandra Spalletta di AgiChina, ma nel 2016 il nostro export è cresciuto più dell’import (che anzi è diminuito). La scorsa settimana il portale online T-Mall ha messo in vendita la nuova Giulia dell’Alfa Romeo: “in 33 secondi, ne sono state vendute 350”, ha detto l’ambasciatore. Ma auto e tecnologia a parte, l’Italia sta esportando in Cina un suo asset fondamentale, il know how giuridico. Lo ha ricordato durante l’incontro il costituzionalista Cesare Pinelli: l’Impero di Mezzo sta ispirando il suo nuovo codice civile ai principi del diritto romano. Se la Cina sta scegliendo la civil law e non la common law anglosassone, il merito è anche di due ordinari di diritto romano de La Sapienza come l’ex ministro di Grazia e Giustizia Oliviero Diliberto e Sandro Schipani, che stanno fornendo consigli e supporto ai loro colleghi mandarini. Ma è bastato un cenno calcistico di Li Ruiyu (“La nazionale cinese è guidata da un grande allenatore italiano come Marcello Lippi”), perché la mente volasse alle ultime indiscrezioni in arrivo da Trigoria, dove pare che James Pallotta stia lavorando all’ingresso nel capitale della Roma del gruppo Evergrande (co-proprietario della squadra del Guangzhou) e della Zall Co. (proprietaria del Wuhan di Ciro Ferrara), come soci di minoranza. Insomma, vuoi per il diritto e vuoi per il calcio, pare che la Cina possa portare buone notizie ai “romanisti”.