Protesta dei lavoratori del Teatro dell'Opera, Piazza del Campidoglio (foto LaPresse)

Diserbante sulla cultura di Roma

Salvatore Merlo

Con una delibera demenziale il Comune sta provocando il collasso dei grandi teatri della Capitale

L’Accademia Filarmonica Romana, la Scuola Popolare di Musica di Testaccio, il Teatro dell’Orologio, il Teatro di Roma, persino l’Eliseo… Tutto chiude, ha già chiuso, o è in procinto di chiudere. L’elenco è lunghissimo e non basterebbe tutta questa pagina per raccontare nei suoi dettagli la liquefazione dell’offerta culturale romana che adesso, con l’amministrazione di Virginia Raggi, arriva al suo assurdo epilogo. Il deserto. Esistono delle eccellenze in questa città, che hanno formato generazioni di artisti, di attori, di compositori, di scrittori e di musicisti. Un patrimonio che non può essere trattato con i sistemi della freddezza burocratica, con il manicheismo da Robespierre de noantri, che invece sta dimostrando questa amministrazione, capace di una totale mancanza di elasticità che è il portato di una totale mancanza di idee. Ottusamente pedissequi nel principio di non essere mai colti in castagna, l’assessore alla cultura Luca Bergamo e la sindaca Raggi, mentre consentono la sopravvivenza degli sprechi e delle inefficienze in strutture come Atac e Ama (che sono bacini elettorali e clientelari, dunque intoccabili), stanno lasciando fallire i teatri e voglio chiudere la scuola di musica di Testaccio, perché incapaci di muoversi con fantasia in qualsiasi situazione anomala si trovino. Ma Roma è, purtroppo, tutta una anomalia, un’anomalia consolidata. Ci sono situazioni di legalità precaria e di indebitamento che richiederebbero l’impiego delle migliori intelligenze della città per immaginare un piano emergenziale. E invece la soluzione adottata è il nulla. Lasciar morire ogni cosa, com’è morto il Valle.


 

L’Accademia Filarmonica Romana
È un ente privato senza scopo di lucro fondato nel 1821 con l’obiettivo di favorire l’esecuzione di musica da camera e sinfonica. Tuttora organizza concerti, balletti e spettacoli di teatro musicale, ha una scuola, possiede una ricca biblioteca e un vasto archivio storico. La sua attività fu interrotta tre volte: tra 1849 e 1856 per ragioni economiche seguite alla repressione della Repubblica Romana; tra 1860 e 1870 per la repressione Pontificia verso un’istituzione giudicata liberale; nel 1943-46 per la Seconda guerra mondiale. Con il sindaco Virginia Raggi rischia la quarta chiusura in due secoli perché la sua sede in Casina Vagnuzzi, via Flaminia 118, è tra i centotredici fabbricati e alloggi di servizio cui è stato dato lo sfratto in base alla delibera 140, adottata dal comune (giunta Marino) sull’onda del caso “Affittopoli”. Si volevano colpire i privilegi, si sta distruggendo la storia di Roma.

La Scuola Popolare di Musica di Testaccio
Fu fondata nel 1975 da un gruppo di compositori, jazzisti e etnomusicologi tra cui Giovanna Marini, alla cui opera “Il regalo dell’Imperatore” è legata la sua prima tournée europea del 1983. Anch’essa si trova nella lista di sfratti previsti dal comune. Per la sede di Piazza Orazio Giustiniani 4, le è stato inoltre chiesto un milione di euro d’affitti arretrati da saldare in 36 rate, altrimenti non potrà partecipare al bando per la riassegnazione degli spazi. Per protesta, alle 16 di domani i suoi ottoni andranno a suonare davanti al Campidoglio.



Video realizzato in occasione dei 40 anni della Scuola

La Scuola di Musica Sylvestro Ganassi
Fondata nel 1996 si è sempre occupata di insegnare musica antica (dal medioevo al barocco) e prassi esecutiva con strumenti originali d’epoca. Anch’essa ha ricevuto un’intimazione di sgombero dalla sede di via Col di Lana 7 assieme a una richiesta di pagamento di 65.000 euro di arretrati.

Il Teatro dell’Orologio
Creato nel 1981 in Via dei Filippini, fu assegnato dall’assessore alla Cultura Renato Nicolini al regista e autore teatrale Mario Moretti, amico di Pier Paolo Pasolini ed esperto nel “Teatro dell’Assurdo” di Beckett e Adamov. Collegato anche a un’Accademia del Teatro dell’Orologio, e a un’ Associazione Socioculturale, anch’esso è stato colpito dalla delibera 140, per 1,6 milioni di affitto arretrati. In tanto il teatro è stato chiuso il 17 febbraio dopo un’ispezione di polizia, vigili del fuoco e ispettorato al lavoro, che ha constatato un problema di cui peraltro si era sempre saputo: l’assenza di un’uscita di sicurezza, che nella struttura non è ricavabile. Dal 28 febbraio il Teatro dell’Orologio è andato dunque in esilio al Teatro di Roma, che lo ha ospitato nei locali del Teatro India.

Il Teatro di Roma
Nasce nel 1964 come teatro stabile della capitale, con una sede provvisoria al Teatro Valle. Diventa Teatro di Roma nel 1972, quando la sede si sposta al Teatro Argentina, inaugurato nel 1732, e in cui nel 1816 venne rappresentata la Prima del “Barbiere di Siviglia” di Rossini. La seconda sede è il Teatro India, realizzato nel 1999 nell’es-stabilimento della Mira Lanza in riva al Tevere. In futuro dovrebbe fare capo al Teatro di Roma, come terza sede, anche il Teatro Valle (teatro in infinita attesa dei bandi per la riqualificazione). Dal 2013 il Teatro di Roma ha avuto il +444 per cento di alzate di sipario e accadimenti culturali, il +128 di spettatori complessivi e il +137 di abbonamenti/card. La qualifica di “teatro nazionale” potrebbe tuttavia essere revocata, perché i finanziamenti versati da comune e regione in qualità di “ente partecipato” sono insufficienti. Il Campidoglio nel 2016 ha sostenuto il Teatro di Roma con 3.150.000 euro (il Piccolo di Milano nello stesso anno aveva ottenuto 4,5 milioni dal comune meneghino).

Teatro Argentina (foto Wikimedia)

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.