Foto LaPresse

Che fine farà Raymond Leo Burke, tenace conservatore che (ricambiato) non ama Francesco?

La Gran Sottana

Dicono i bene informati che quando Burke, tenace conservatore del Wisconsin, si presentò per la prima volta dal Pontefice, osò dire una cosa del genere: “Santo Padre, da cardinale mi permetterò di dirle quando non sono d’accordo con lei”

Che farà ora Raymond Leo Burke?, chiedono i più eleganti. Dove lo sbatterà?, replicano quanti (progressisti con croci pettorali d’oro da mezzo chilo che si tolgono appena passa il Papa che, si sa, ama i poveri e i preti che puzzano di pecora) con l’acquolina in bocca non aspettano altro che la cacciata definitiva del curiale americano che ai tempi di Benedetto XVI aveva gran voce in capitolo nella scelta dei vescovi per le grandi diocesi degli Stati Uniti.

 

Il fatto è che i due, Francesco e Raymond, non si possono vedere. Si detestano, reciprocamente. Dicono i bene informati che quando Burke, tenace conservatore del Wisconsin, si presentò per la prima volta dal Pontefice, osò dire una cosa del genere: “Santo Padre, da cardinale mi permetterò di dirle quando non sono d’accordo con lei”. E il Bergoglio, ridendo, gli diede una bella pacca sulla spalla: “Ma certo, anzi! Eminenza, io apprezzo chi mi dice le cose in faccia”. Uscito da quel colloquio, Burke si vide prima cacciato dalla congregazione per i vescovi e poi nominato patrono dell’Ordine di Malta. Di fatto, messo a fare da cappellano a una congrega di cavalieri. Peso azzerato, poteri tolti. Soprattutto, fuori dalla curia. Ma anche lì ci sono stati problemi: il cardinale ne ha combinate di tutti i colori, con l’Ordine spaccato e lui commissariato da un tenace sardo che di mestiere fa il numero due della Segreteria di stato (mons. Becciu). Di mandarlo in diocesi a fare il vescovo, neanche a parlarne. Il Papa, dicono i suoi confidenti, inorridisce alla sola ipotesi. E alla pensione di anni ne mancano ancora tanti.

Di più su questi argomenti: