Fiorentino, il manager di Unicredit che attende solo un segnale da Rampl

Ugo Bertone

Altro che accoppiata. Per governare il dopo Profumo in Unicredit bisognerà forse calare giù il tris. Ovvero, ritagliare un posto di rilievo anche per Paolo Fiorentino: una sorta di direzione generale in seconda o una vicedirezione, al fianco o subito sotto (ma non troppo) all'ex McKinsey, Roberto Nicastro, favorito per il ruolo di ad, e a Federico Ghizzoni, lo stratega dell'est candidato dg.

    Altro che accoppiata. Per governare il dopo Profumo in Unicredit bisognerà forse calare giù il tris. Ovvero, ritagliare un posto di rilievo anche per Paolo Fiorentino: una sorta di direzione generale in seconda o una vicedirezione, al fianco o subito sotto (ma non troppo) all'ex McKinsey, Roberto Nicastro, favorito per il ruolo di ad, e a Federico Ghizzoni, lo stratega dell'est candidato dg. E così la soluzione interna che il presidente Dieter Rampl, salvo ripensamenti dell'ultima ora, presenterà oggi a Varsavia al cda sarà quasi salomonica: promossi tre ex luogotenenti di Profumo su quattro, resta fuori solo il ticinese Sergio Ermotti, investment banker pronto a far le valigie senza nutrire (o far nutrire) grossi rimpianti.

    Questo con tutta probabilità sarà il risultato finale di un processo che potrebbe richiedere tempo: il galateo della governance prevede che oggi il cda nomini solo l'ad, cui spetterà designare in tempi brevi i suoi vice, secondo un gioco a incastro che non dovrà scontentare (quasi) nessuno dei luogotenenti di Alessandro ex il Grande. Tantomeno Fiorentino: guai a perdere la faccia sorridente di Unicredit, quella che si spende ad esempio davanti ai tifosi giallorossi della Roma, in costante fibrillazione di fronte al rischio che il ribaltone in Piazza Cordusio possa influire sulle sorti della “Magica”? Ci voleva Fiorentino, napoletano purosangue, 54 anni compiuti a gennaio, per rassicurare le schiere giallorosse che “stiamo investendo per farvi sognare”. E toccherà a lui trovare, si spera entro dicembre, un compratore degno del blasone del club di Francesco Totti. Ma ben altra patata bollente attende Fiorentino: i tagli al personale previsti dal piano di Banca Unica, pratica ancor più sgradita e ingrata dopo l'uscita del leader carismatico, un'incombenza che nessuno vuol caricarsi sulle spalle. Insomma, anche stavolta i dossier più ingrati, quelli che lo stratega Profumo non voleva nemmeno vedere, potrebbero toccare a lui.

    Tanto ruvida e diretta è stata la gestione Nicastro del dossier Banco di Sicilia, culminata con il clamoroso strappo con Salvatore Mancuso, tanto felpata e diplomatica la regìa di Fiorentino, che riesce nella non facile impresa di avere buoni rapporti sia con Cesare Geronzi che con Fabrizio Palenzona, di cui è stato uno dei punti di riferimento all'interno della struttura. C'è posto per lui in un gotha che rischia di essere troppo affollato? Probabilmente sì, grazie alle sue arti diplomatiche.

    Proprio quelle che difettano a Sergio Ermotti, l'investment banker elvetico scelto a suo tempo da Profumo per colmare il “buco” lasciato dall'uscita di Pietro Modiano. Forse è mitologia oppure è l'eredità dei malumori seminati da un manager diretto che non si è fatto tanti scrupoli a trattare con pugno di ferro i rapporti con le imprese clienti. Limitando i danni, riconoscono gli avversari a Ermotti, ai conti dell'istituto. Ma contribuendo a quell'isolamento, sia a nord est che a nord ovest, che ha pesato sulle sorti del gruppo che oggi cerca di metter ordine nel presente e nel futuro. A partire da Varsavia.