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Non passarci sopra

Maurizio Crippa

Il pasticciaccio del Museo del Novecento tra un bando vago e la Soprintendenza “nimby”

Su un lato della piazza del Duomo c’è il Palazzo novecentesco dell’Arengario, anche se da dieci anni è famoso come il palazzo del Museo del Novecento e i turisti (quando c’erano i turisti) col naso all’insù lo ricordano perché dai loggioni dell’ultimo piano si vede il neon della grande istallazione di Lucio Fontana realizzata per la Triennale del 1951. Anzi, gli Arengari sono due: due palazzi gemelli progettati a metà degli anni Trenta e risistemati nei Cinquanta. L’idea era fare da contrappunto all’arco d’ingresso della Galleria. Inquadrando sullo sfondo il Grattacielo Martini i due palazzi creano “un cannocchiale visivo e prospettico di straordinaria valenza urbana”, come scrive adesso la Soprintendenza delle Belle arti di Milano. Anche se a onor del vero va detto che, forse perché c’è di mezzo la mal riuscita piazza Duomo, il cannocchiale non lo nota quasi nessuno, almeno che glielo si spieghi.

 

Ora però il cannocchiale diventa la chiave di una grave criticità, che si poteva anche evitare. E più che altro di un pasticciaccio brutto tra Amministrazione comunale (che ha la proprietà del Museo) e la Soprintendenza che denota, ancora una volta, la poca lungimiranza dei tecnici e il pessimo peso della burocrazia. Il bubbone si è gonfiato nelle ultime settimane, ne ha raccontato il Corriere. Il Comune ha deciso nel 2020 di annettere al museo anche il secondo Arengario, il progetto Novecentopiùcento, per ampliare spazi espositivi. E’ stato bandito un concorso internazionale su come impostare “il dialogo” tra i due palazzi, e soprattutto su come collegarli: o si passa sopra o si passa sotto. E qui è nato il pasticcio. Il bando, per la cura del direttore all’Urbanistica del Comune, Simona Collarini, chiede “di progettare una struttura di collegamento aereo tipo passerella”. Però, data “la rilevanza e l’unicità del contesto… ai concorrenti è altresì richiesto di studiare una variante progettuale, la quale non dovrà prevedere alcun collegamento fisico fra i due edifici”. Insomma progettate una passerella, ma forse anche no. Da subito, molti degli aspiranti hanno fatto notare che ci poteva essere anche l’altra strada, “ipogea”. E l’ipotesi che la Soprintendenza avrebbe potuto esprimere parere contrario alla passerella era nota. Ma parte del Comune non ha dato peso alla cosa.

 

Da notare che alla preparazione del bando ha dato un contributo anche il celebre architetto Italo Rota, progettista del Museo del Novecento, senz’altro ben conscio della questione. Così a quindici giorni dal termine di consegna dei progetti, perché la tempestività non è mai il forte delle Belle arti quando decidono di bloccare progetti anche importanti, la Soprintendenza diretta da Antonella Ranaldi ha espresso un parere negativo: la passerella non s’ha da fare, con il suggerimento invece di optare per la soluzione sotterranea. Cioè un “collegamento ipogeo tra le due torri di fatto già esistente, da ampliare in posizione centrale tra le due torri… La soluzione per intendersi è quella della piramide del Louvre di Pei, che ha creato nuovi valori iconici e il cuore ipogeo della nuova distribuzione dei musei del Louvre”. Il punto dolente, per il Comune, è che la Soprintendenza fa notare che il suggerimento era stato dato anche in passato, e ci si chiede perché non sia stato preso in considerazione. Dall’altro lato, stupisce un po’ che la Soprintendenza voglia scegliere la soluzione di un concorso internazionale, visto che sulla passerella i pareri sono divergenti, e tutti legittimi. Andrebbe poi notato che la famosa piramide del Louvre, nella parte non ipogea, impatta assai il cortile del palazzo, ma ciò non ha impedito di realizzarla né che ora sia considerata un intervento geniale.

 

Non è la prima volta che la Soprintendenza “nimby” di Milano irrompe a bocciare progetti troppo innovativi. A partire dal disastroso restauro iperconservativo di Palazzo Citterio, che ne ha tenuto bloccata l’apertura per anni e che ora costringerà a rimettere mano ai lavori. Anche per Citterio, tra l’altro, c’è il progetto di una una passerella sopraelevata che consentirebbe di unire Brera e Brera Modern, ma ancora in attesa di approvazione. Per non dire di altri stop, come quello che fu imposto, e poi revocato, alla riqualificazione del Giardino dei Giusti di Montestella. O i paletti rigidi che da anni bloccano qualsiasi tentativo  di recupero dell’Istituto Marchiondi, capolavoro dell’architettura brutalista nella periferia della città. Ora siamo all’ultimo episodio di un atteggiamento iperconservativo che a volte stride con una città che ha così tanto e così spesso cambiato il suo volto. La soluzione del collegamento sotterraneo è forse la più funzionale, ed è un peccato che non sia stata considerata prima. Tra i due Arengari, sopra o sotto, un collegamento alla fine ci sarà. Si poteva arrivarci senza l’ennesimo pasticcio. Milano non ne ha bisogno.

 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"