Paolo Pillitteri, ex sindaco di Milano (foto Mourad Balti Touati - LaPresse) 

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Compie ottant'anni Paolo Pillitteri, sindaco di Milano dall'86 al '92

Maurizio Crippa

L’ex primo cittadino pensa al futuro. Con l’ottimismo di allora. Il Mes, il Cav. e due docufilm in arrivo

    Anche Ursula von der Leyen è venuta qui e ha detto ‘Milàn l’è un gran Milàn’, che è la traduzione perfetta di ‘Milano da bere’, lo slogan del mio grande amico Marco Mignani, che non era solo quella frase ma un vero racconto di una città viva, felice, che cambiava. Mi ha colpito il fatto che ultimamente quello slogan, che fu usato poi come sappiamo, sia tornato a essere citato per quello che era, un messaggio positivo, allegro”. Compie ottant’anni Paolo Pillitteri, sindaco socialista di Milano dal 1986 al 1992, dopo Carlo Tognoli, e non ha nessuna voglia di operazioni nostalgia. Anche perché ha un sacco di cose da fare al presente e progetti al futuro. Scrive e co-dirige l’Opinione del suo caro amico Arturo Diaconale, scomparso nei giorni scorsi, segue la politica, scrive sceneggiature per docufilm. Tanti auguri, signor sindaco. “Quelli erano gli anni Ottanta di Milano, ma non mi interessa – e poi in questo momento così drammatico – guardare al passato. Se ti accenno a quelle cose è perché il futuro di Milano, il suo rilancio e la sua trasformazione – perché il Covid finirà ma cambieranno molte cose, tutto – dovranno avere lo stesso spirito, la stessa forza ottimista. Lo spirito milanese. Noi avevamo riempito la città di cartelli gialli con scritto ‘La Linea 3 avanza’, perché era un messaggio sulla trasformazione di una città che diventava una metropoli. Arrivò la moda, arrivò la televisione privata, la pubblicità. Una nuova economia, eravamo più liberi. Oggi la Linea 4 è quasi finita, ma non vedo in giro i cartelli con questo messaggio in positivo. Vedo la gente che si lamenta dei monopattini. Ma non è con le piste ciclabili che trasformi Milano, una città da sempre basata sui trasporti. A Beppe Sala direi questo, magari gli mando un tweet: devi dire ‘la Linea 4 avanza!’”.

        

    Del resto il suo libro “Tutto poteva accadere”, in cui ripercorre con originalità vicende e personaggi della storia italiana, si ispira a una scritta vista su un muro di montagna: “Don’t look back in anger”, non guardarti indietro con rabbia. Pillitteri è un milanese ottimista e bonario, non incline ai rancori. Né al guardare all’indietro. E il suo lavoro da giornalista? “L’Opinione era un progetto a favore di un polo moderato riformista, non è che sia andato benissimo. Di cosa scriverei oggi? Oggi del Mes, di Forza Italia, di Berlusconi… Il Popolo delle Libertà non è sempre stato europeista? E adesso il Cavaliere fa un’inversione a U sul Mes, uno dei misteri di Arcore che ci dovrebbero spiegare. Invece serve proprio quell’approccio, il riformismo e l’Europa. Questo direi al mio amico Brunetta. Vorrei che si materializzasse, con il suo modo felpato, fantasmatico, il mito del Consigliere: insomma rivorrei Gianni Letta al fianco di Berlusconi”.

      

    Chissà, ci vorrebbe la sfera di cristallo per scoprire le prossime mosse del Cavaliere. E al resto della politica cosa direbbe? “Che bisogna dare segnali chiari alla gente, non contraddittori, e che non generino paura e depressione. Bisogna svelenire l’atmosfera. Passerà anche il Covid. Invece dal governo arriva il contrario. A Sala, ripeto, direi: dì ai milanesi basta lamentarsi per il Natale o per le vacanze a sciare, le faremo un’altra volta. Adesso finiamo la Linea 4, perché Milano è più grande, e la sua forza di crescita sono sempre stata trasformarsi. Cambierà tutto, bisogna rilanciare da qui”.

        
    Nelle molte vite presenti di Paolo Pillitteri c’è il suo grande amore: il cinema. Fu critico cinematografico all’inizio della sua carriera, e oggi si è messo dall’altra parte dello schermo. Ha scritto la sceneggiatura per un docufilm su Bettino Craxi. “E’ pronto, c’è stata un’anteprima e stavamo iniziando a cercare un distributore, quando è iniziato il lockdown. Ma appena possibile proveremo a farlo vedere in sala”.

      

    Però il lockdown non è stato inutile, sul fronte creativo: “Chiuso in casa ho scritto la sceneggiatura per un docufilm, una storia vera che mi porto dietro, come fosse un compito da assolvere, da molti anni. Me l’aveva raccontata lei stessa, parlando in dialetto, cosa che le piaceva tanto. Si intitola la ‘Madre’. All’inizio non dico chi è. E’ la storia di questa donna che era nata a Sant’Angelo Lodigiano e che era sfollata con la famiglia in Val d’Intelvi. La storia di lei che con un amico finanziere nasconde gli ebrei e poi li accompagna in Svizzera, in salvo. Si chiamava Maria Ferrari, era la mamma di Benedetto, allora lo chiamavano così. La madre di Bettino Craxi”. Ora serve un produttore coraggioso.
     

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"