Foto LaPresse

Venezia all'oratorio

Maurizio Crippa

E’ sbarcata alla Mostra la campagna di comunicazione “pride” di un’istituzione molto milanese

Lui non è esattamente Javier Bardem ma ci riderebbe sopra, e alla Mostra del cinema di Venezia, ieri, era contento di esserci. Non da attor comico, che sarebbe il suo mestiere. Ma a mostrare, a dar testimonianza, a un mondo così indubitabilmente lontano qualcosa di particolare. Qualcosa di popolare e di sociale. E di intimamente, profondamente milanese, lombardo. Giacomo Poretti era a Venezia, insieme a Davide Van de Sfross, altra presenza lombardissima e aliena, nello spazio della Fondazione Ente dello Spettacolo, legato alla Cei, che tra l’altro a Venezia assegna il premio Robert Bresson. Erano lì, con don Davide Milani e don Samuele Marelli, coordinatore degli Oratori delle diocesi lombarde a parlare dell’esperienza dei 2.307 oratori della Lombardia. E a presentare in anteprima il cortometraggio realizzato da Giacomo Poretti per “Cresciuto in oratorio”.

 

La storia di “Cresciuto in oratorio” vale la pena raccontarla. E’ una campagna di comunicazione sulla realtà e l’esperienza educativa degli oratori lombardi – non solo quelli di Milano dove la Fom, Federazione degli oratori milanesi, è una delle presenze socialmente più consolidate e riconosciute – promossa tra gennaio e maggio scorsi da Odielle (Oratori della Lombardia) con il sostegno della Regione. Un modo allegro, come sono i ragazzi degli oratori, per far conoscere il ruolo che queste antiche e benemerite istituzioni svolgono tuttora, provando a stare al passo coi tempi, per la crescita dei ragazzi “nel corpo e nello spirito”. Un presidio che, tra l’altro, aiuta a contrastare la desertificazione sociale che, soprattutto nei grandi centri, tutti conosciamo.

 

La campagna “cresciuto in oratorio” è un format “pride” che ha riscosso interesse e simpatia, andando a scovare testimonial disposti a raccontare la loro storia e il ruolo positivo avuto nella loro formazione da “don” e suore, da interminabili partire al pallone e filodrammatiche, da gazzose con la “stringa” e ore di “dottrina cristiana”, da campi estivi e da esperienze di volontariato e formazione. Ci hanno messo la faccia personaggi dello sport come Corrado Barazzutti o Beppe Bergomi, artisti come Bianca Atzei o Nicola Savino. A coinvolgersi più di tutti, Giacomo e Davide, appunto. Uno si è preso la briga di montare un video-racconto – quello presentato ieri – di immagini e testimonianze; il cantautore laghée ha scelto tre gruppi di giovani rocker “cresciuti in oratorio” per fare da apripista al suo concerto di San Siro quest’estate. Al di là della comunicazione, storia e presenza degli oratori meritano di essere conosciuti. Per la rilevanza sociale che hanno avuto e ancora rivestono. Nata, per la prima volta, dall’intuizione di un santo e musicista geniale come Filippo Neri, nella Roma del Cinquecento, l’idea di una comunità di adulti (non per forza consacrati) dedita all’educazione dei ragazzi, specialmente i più poveri, specialmente (già allora) i “lontani”, è stata poi trasformata con la nota forza da don Giovanni Bosco, a metà Ottocento. La loro diffusione soprattutto nel nord d’Italia è strettamente connaturata al modo in cui attecchì, in queste terre, la Riforma tridentina, e la ristrutturazione della chiesa cattolica su base parrocchiale. E’ su questo humus che si innesta il lavoro dei salesiani preso poi a modello – a Milano – da un grandissimo cardinale come Andrea Carlo Ferrari, che nei primi vent’anni del Novecento impresse una profonda impronta sociale sulla chiesa ambrosiana e sulla città. Quanto abbiano influenzato generazioni di ragazzi, gli oratori, persino nell’imparare a giocare, calcio e non solo, lo sanno tutti. Oggi, a scristianizzazione galoppante, non è che le cose vadano sempre a gonfie vele e l’iniziativa “Cresciuto in oratorio” è anche il tentativo di trovare modi nuovi di proporre un metodo educativo. Ma basterebbe guardare i numeri delle presenze agli oratori estivi (sciaguratamente adesso li chiamano Grest) per capire la forza e la funzione sociale che gli oratori ancora rivestono. Una forza molto lombarda, molto milanese.

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"