Football e cubature

Maurizio Crippa
Il calcio d’inizio (forse) per il nuovo stadio del Milan al Portello e il domino urbanistico che muoverà

    Già i tifosi rossoneri sognano trionfi nella futura Fossa dei leoni di proprietà, già c’è chi esalta la “sfida culturale” rappresentata dall’“urban stadium” che sorgerà al Portello, l’area in più veloce trasformazione di Milano, incastrata tra i grattacieli e alcune delle arterie stradali vitali della metropoli. Ma il via libera al nuovo innovativo impianto è soprattutto il calcio d’inizio a una serie di interventi urbanistico-economici tra i più importanti dei prossimi anni. Con annessi risvolti politici. Sarà la partita più interessante di Milano nei prossimi anni (in attesa che il Mancio e Sinisa risveglino gli entusiasmi propriamente sportivi), insieme alla gestione del dopo-Expo. La Fondazione Fiera (presidente Benito Benedini) ha accolto il “progetto di riqualificazione” dei padiglioni 1 e 2 di Milano City presentato dal Milan. Il nuovo stadio, disegnato dallo studio Arup (Allianz Arena di Monaco), avrà 48 mila posti, sarà alto 34 metri (il Meazza supera i 60) e sarà interrato per altri 15 metri. Intorno: un liceo sportivo, un albergo, ristoranti, aree verdi. Un investimento da 300 milioni più le bonifiche, più i 4 milioni all’anno di affitto del terreno (per 50 anni) che la squadra del Cav. si è impegnata a pagare alla Fiera. Nei desiderata dei contraendi, a gennaio l’area sarà consegnata al Milan. Poi almeno 16 mesi per le autorizzazioni e stadio pronto nel 2018. Profitti per il club stimati tra i 50 e gli 80 milioni all’anno.

     

    Tra i sogni e il calcio d’inizio c’è di mezzo la variante urbanistica che il comune è tenuto ad approvare. E qui la faccenda si fa più complessa. L’assessore allo Sport, Chiara Bisconti, chiede un “confronto in Giunta e in Consiglio comunale” dopo aver “sentito i cittadini”, vale a dire i residenti della zona che già da tempo si sono organizzati nei consueti comitati “no stadio”, pronti a qualsiasi ricorso. Su fronte politico poi, a un anno dal voto per Palazzo Marino, c’è tutta la sinistra-sinistra (area Pisapia e oltre) schierata contro il progetto, e non solo per antiberlusconismo. Pure la Lega, infatti, non è per nulla convinta dell’idea: l’impatto urbanistico è forte ma non tremendo, le vere preoccupazioni riguardano traffico e sicurezza in una zona già critica. Per capire che aria tira, basta sentire il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris: “La decisione di Fiera non significa che l’opera verrà realizzata”. Ma Fiera Milano ha bilanci assai complicati, e incassare subito la buona offerta del Milan è essenziale. Anche a costo di dare l’implicito via libera all’abbattimento di una struttura costruita solo vent’anni fa. Un’operazione di poco senso pure allora.

     

    [**Video_box_2**]Sull’altra sponda, intesa quella dell’Inter che continuerebbe a giocare a San Siro, stadio di proprietà comunale, le cose non sono molto più semplici e anche qui ballano importanti investimenti. Il consigliere comunale Radicale Marco Cappato, ad esempio, ha annunciato un esposto alla Corte dei Conti contro il comune per il danno erariale derivato dalla mancata valorizzazione di San Siro. La sua idea è che bisognava venderlo (all’Inter?) prima di dare l’ok al nuovo impianto del Milan. Perché ora uno stadio senza più uno dei due affittuari è destinato a valere di meno. Giocoforza, Palazzo Marino cercherà di spremere al meglio Erick Thohir. Tra il patron dell’Inter e il comune gira un’offerta che prevede un investimento di 70 milioni per il rifacimento dello storico impianto. Il comune cederebbe il diritto di superficie per una durata di 99 anni e l’Inter si accollerebbe, oltre al costo d’affitto, quelli di ristrutturazione. Investimento comunque assai inferiore a quello del Milan per il Portello. Ma non è così semplice. C’è infatti alle viste anche il problema della valorizzazione di un’altra area importante, l’Ippodromo del trotto, esattamente adiacente al Meazza e chiuso dal 2012. Thohir ci ha messo gli occhi per un possibile sviluppo di servizi e altro. Ma il gruppo Snai, proprietario dell’ippodromo, in aprile ha presentato un suo piano di trasformazione urbanistica che prevede aree verdi e per lo sport ma anche nuove edificazioni. Dunque anche la zona attorno al vecchio stadio potrebbe mutare di uso e pure di valore economico. Un domino complicato, per il comune e per i possibili investitori, che dovrà essere sciolto entro l’anno e a cui sono collegati investimenti ingenti. Su tutto aleggia l’immobilismo della politica. La questione degli stadi di proprietà per entrambi i club va avanti da oltre dieci anni. Già nel 2005 la famiglia Moratti aveva individuato un sito attorno alla caserma Santa Barbara, zona sud della città, per costruire un grande stadio polivalente, comprensivo di spazi commerciali, ricettivi e sportivi, sul modello dell’Amsterdam Arena. Il comune disse no, c’era già San Siro, “bene comune” di Milano.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"