Dove abita l'oblio

Guido Ceronetti
La Grande Guerra, un mattatoio d’uomini che non s’è arrestato più, e i suoi eroi neppure venerati

    - Ragazza, scusa. Mi sai dire cos’è stata la Grande Guerra?
    - Grande, cosa?
    - Guerra… per l’Italia, 1915-1918…
    - Ma che vuoi? Mica io c’ero!

     

    E continua a scrivere un messaggio dopo l’altro sul cellulare. Verità, sì, lei non c’era; ma la memoria storica non le suggerisce niente, neppure di orecchiato? Limbica, detersa, che più bianca non si può. Non interrogo bande di ragazzi perché le femmine hanno fama di meglio istruite.

     

    Del resto, oggi come ieri e ieri l’altro. Céline racconta che nei soldati della République in guerra, nel Quattordici, l’espressione Autriche-Hongrie suscitava ilarità per l’affinità di suono con onguent-gris, una pomata contro la blenorragia (vulgo scolo) distribuita senza risparmio dagli ufficiali medici perché non si era là per beccarsi una malattia venerea, ma per crepare di mitragliatrice e bombe a mano davanti a una trincea tedesca.

     

    Di stupirmi sono capace ancora. Siamo a quasi metà del 2015 italiano, cento anni dall’entrata in guerra del Regno d’Italia (no, cari giovani, non c’era ancora la repubblica italiana), spinto dentro più dalle promesse alleate che da un trabocco di passione patriottica, ed è per tutti trascorso senza vistosi risvegli di attenzione l’enorme disumano evento della catena di demenziali mobilitazioni generali del 1914, destinata a trasformare tutto, nel mondo, nella generale disfatta delle nazioni europee, dopo il 1918.

     

    Come storico dilettante un po’ metastorico, osservatore più del dentro che del fuori, anche più dentro del concettuale, ha più importanza per me dire Grande Guerra che Prima Guerra Mondiale, seguìta da una Seconda, che terminerebbe con l’Anno Zero berlinese e l’esperimento scientifico sulla Pelle Umana dell’agosto 1945 in Giappone: e addirittura, pare, conclusa da una Guerra Fredda, nella decisiva chiusura del tempio di Giano (Muro di Berlino, 1989) quando l’URSS, nata nel 1917, malfamata da sempre, si sfascia. Niente Secolo Breve, ma secolo dell’inizio di una Grande Guerra escatologica che non ha avuto, né mai avrà, fine. Trincee di Quattordici: mattatoio d’uomini che non si è arrestato più, nel tempo… Avevano ragione i deboli, sfiniti eroi di allora, che non ci hanno guadagnato neppure un’autentica venerazione tra le giovani generazioni di centanni dopo; avevano ragione di pensare che tanta miseria sacrificale non sarebbe finita più, mai più, cambiando soltanto le forme dell’odio e del malfare mondiale.
    L’albo d’onore dell’arte ricorda i nomi di Mario Monicelli e di Ermanno Olmi per le loro revisioni cinematografiche; ricorda il  nome di Stanley Kubrick per il suo capolavoro Orizzonti di Gloria. Aspirerei ad aggiungere, per il teatro, il mio povero nome di Filosofo Ignoto per lo spettacolo Quando il tiro si alza, creato con gli attori del mio Teatro dei Sensibili al Piccolo-Teatro Grassi di Milano nell’ottobre 2014, ripreso da Rai5, in quei giorni, con la regìa di Felice Cappa. “Alla Storia, Caligola, alla Storia!” (Albert Camus).
    Il Filosofo Ignoto