(foto LaPresse)

Per essere fedeli a se stessi al cinema bisogna andarci poco

Camillo Langone

L'ho pensato leggendo le migliori interviste a Clint Eastwood, libertario repubblicano

Qual è la parola che può racchiudere tutto Clint Eastwood, l’attore e il regista, il giovane cowboy e il vecchio reduce? Dignità? Lealtà? Virilità? Ognuna è valida ma forse la parola più appropriata è libertà e lo scopro leggendo “Fedele a me stesso”, le migliori interviste 1971-2011 pubblicate da Minimum Fax.

 

Eastwood è un libertario repubblicano e per quarant’anni ha dovuto tenere a bada gli intervistatori, dei giornalisti e dunque degli illiberali democratici, che sempre hanno cercato di inchiodarlo ai suoi eroici personaggi. Non che nelle interviste dica cose strepitose: dice a bassa voce (caratteristica che a inizio carriera sembrava un handicap invalidante) cose semplici e serie, da americano tranquillo che è meglio non fare arrabbiare. Approfondendo pagina dopo pagina, risposta dopo risposta, l’individualismo e l’anticonformismo di questo grande artista, mi sono ricordato del collettivismo, del gregarismo espressi in ogni intervista, in ogni sceneggiatura, in ogni scena, in ogni film dai cineasti italiani e forse da tutti i cineasti di tutto il mondo escluso lui. E ho pensato che per essere fedeli a se stessi al cinema bisogna andarci poco.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).