Gruppo di partigiani reggiani nel luglio 1944

L'ignoranza sui partigiani reggiani. Beato Rolando Rivi.

Camillo Langone

Beato Rolando Rivi, che a 14 anni fosti seviziato e ucciso dai partigiani reggiani perché eri un seminarista e ti ostinavi a indossare l’abito talare, quaggiù c’è un cantante reggiano, Zucchero Fornaciari, la cui ultima canzone si chiama “Partigiano reggiano” ed è una palata di terra sulla tua memoria. Si fosse chiamata “Parmigiano reggiano”, come un amico speranzoso aveva inizialmente inteso, sarebbe stata una bella promozione del territorio, ma purtroppo al posto della M c’è la T. Nel testo il partigiano reggiano viene accostato a espressioni quali “mondo libero”, “sogno libero”, “canto libero”, “amore libero”, come si stesse parlando di figli dei fiori anziché di torturatori di ragazzini. Beato Rolando Rivi, il tuo assassinio spiega come la resistenza reggiana venne monopolizzata dai comunisti: con la sistematica eliminazione fisica dei religiosi e dei partigiani cattolici. Elogiare oggi la figura del partigiano reggiano significa non sapere niente, o non voler far sapere niente, di come e perché sono stati ammazzati don Umberto Pessina, don Giuseppe Jemmi, don Luigi Manfredi, don Carlo Terenziani, don Luigi Ilariucci, don Dante Mattioli, don Aldemiro Corsi, don Sperindio Bolognesi, le fiamme verdi Mario Simonazzi e Giorgio Morelli e tutti gli altri reggiani che potevano intralciare l’incubo comunista di fare dell’Italia una filiale dell’Unione Sovietica. Beato Rolando Rivi, adesso ho capito perché Zucchero porta cappelli sempre più alti: per nascondere le orecchie d’asino.

  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).