Il personaggio

Il duca Tajani, entra nel toto Commissario Ue e lancia "Forza nord", la corrente anti Lega

Carmelo Caruso

Il 20 aprile pronto ad annunciare la sua candidatura in Europa, insieme a Flavio Tosi sfida Salvini. Sullo sfondo c'è sempre il sogno Quirinale. Mattatore

Era un Tajani così e ora è Antonio Tajanllerand. La morale? Si comincia scorta di governo e poi si scarta, si sale sui pedali e forse si arriva sul podio d’Europa. Nel Pd lo dicono: “Tajani può fare il commissario Ue. Von der Leyen è quasi fuori dalla corsa, restano Metsola e il premier greco Mitsotakiīs. Il popolare Weber odia Ursula e ama Antonio mentre Antonio ama tutti”. Innanzitutto l’annuncio. Si candida alle europee. Il 20 aprile ha convocato il consiglio nazionale di Forza Italia e comunicherà le “intenzioni”. Il 28 aprile, diabolicus, “nomina” Flavio Tosi plenipotenziario di “Forza Nord”, un comitato, una corrente interna di FI, che nasce per svuotare la Lega di Salvini. Il duca di Talleyrand era pari di Francia, ma Antonio è pari di Giorgia I.


 Salvini, guarda e impara. Sapete quante ne ha subite Antonio Tajani, ora Tajanllerand? Erano i primi mesi di governo, e lui, educato, vestito sempre con le più belle cravatte del Parlamento, in Cdm, diceva: “Giorgia, che dici? Faccio portare i caffè?”. Salvini neppure lo guardava, lui, di nascosto, messaggiava con il suo amico “Manfred”. Manfred sarebbe Weber, presidente del Ppe. Alla Camera, Raffaele Nevi, portavoce di Forza Italia, ora che quel tempo è lontanissimo,  confida: “Manfred e Antonio vanno a cena regolarmente e parlano del futuro della Commissione. Son così”. Fa il segno di chi è vicino, unito, intrecciato. Ma Antonio è “così” pure con “Roberta”. Roberta è Metsola, la presidente del Parlamento europeo, cara amica di Meloni. A differenza di Salvini, Tajanllerand, sa quanto conta la “famiglia”. In Italia c’è quella Berlusconi, ma in Europa, c’è la popolare. Tutti lo irridevano. Lui, invece, sempre impomatato, dava il braccio alle signore Von. La signora Von (der Leyen), come è noto, è probabile che tra sei mesi vada in crociera al Cairo piuttosto che nuovamente alla Commissione, a Bruxelles. Tajani che del Ppe ormai è socio di maggioranza, ex presidente del Parlamento europeo, negozia la soluzione, il dopo. Un corrispondente estero, uno che andava in birreria con Jacques Delors, lo spiega al Foglio: “Dovete sapere che Ursula è già fuori. Mario Draghi è in corsa ma i veri candidati sono Metsola e il premier greco. Poi c’è Antonio”. Tajani, sarà un caso, quando gli parlano di Mario Draghi, con garbo,  riconosce “che è una grande figura ma non ci sono le condizioni”. Ah, no? “Eh, no”. Naturalmente lo spiega ai privilegiati con cui dialoga. Uno di questi è il “Peschiaroli”, Stefano, che non è da confondere il Sassaroli di Amici miei ma che è amico suo, di Tajani, e già consigliere comunale a Roma. Tajanllerand lo ha voluto al ministero degli Esteri come consigliere (115 mila euro) e come segretario particolare. La particolarità del Peschiaroli è che ha preso in mano la segreteria di Forza Italia, gli uffici di San Lorenzo in Lucina. Ma quando si dice che Tajani è Tajanllerand, ed è un complimento, si dice perché c’è sapienza, strategia. Alla Camera, per avere il polso dei lavori d’aula, ha voluto il “Battistoni”, Francesco, segretario d’aula, e i risultati si vedono. L’altro giorno,  si votava la sfiducia a Salvini, i cronisti cercavano il Battistoni perché “è l’unico che ne capisce di numeri”. Tajanllerand lo ha capito prima di tutti, come ha capito che, al nord, la trovata di Tosi è davvero una gran trovata. Tosi, che è coordinatore veneto di FI, cosa gli propone? Di costituire un comitato all’interno del partito (viene presentato il 28 aprile a Milano). Il logo è lo stesso di Forza Italia solo che il tondo è tutto verde e al posto “Italia” la parola nord. Aderiscono gli ex leghisti che, da un anno, il coordinatore di FI in Lombardia, Alessandro Sorte, ha portato alla corte di Tajanllerand. E’ un elenco di principi della prima Lega: Max Bastoni, Roberto Cota, Marco Reguzzoni, Gian Marco Senna. L’ultima che gira è che dopo aver stretto l’alleanza centrista con Maurizio Lupi, Tajanllerand stia provando a federarsi pure con la Svp, i sudtirolesi, che un tempo erano cugini della Lega. L’altra che circola è che l’operazione Letizia Moratti è sottile. Sentite: “Sarà candidata in Europa, ma, se viene eletta, Antonio non potrà che dire: ‘Cara Letizia, non puoi tradire gli elettori”. Dunque? “Significa che Moratti va in Europa e Antonio ha un rivale in meno nel partito”. Rivali è una parola grossa. In Forza Italia sono una “famiglia”. In quella Berlusconi non si fa in tempo a lanciarne uno nuovo in politica (Pier Silvio) che ce n’è già un’altra (dicono che ora sia Barbara). Meloni, al solo pensare che il futuro dell’Europa (è decisiva) passa da lei, e che può scegliere, se vuole, uno tra Draghi-Metsola-Tajani, ecco, alla sola idea chiede a Fazzolari un piatto di escargot. Tajani, modesto, lusingato, non ha nessuna intenzione di lasciare l’Italia anche perché, con la pazienza, si può arrivare al Colle più alto, il Quirinale, e perché, a volte, “per renderti simpatico, devi lasciarti insegnare molte cose che già sai”. Questa l’avrebbe detta Talleyrand ma è perfetta per il duca Antonio. A Salvini, una parrucca.  

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio