"Fate presto"

L'Ue ha finito la pazienza sul Pnrr. E Fitto invia a Bruxelles le prime carte sul RePower

Valerio Valentini

Le raccomandazioni della Commissione rinnovano l'invito a superare i ritardi nell'attuazione del Recovery. Il ministro meloniano prova a metterci una pezza e prepara la sfida in Parlamento. Dove il Pd prova a stanarlo: "Vogliamo numeri e cifre, non ambiguità", dice il dem Boccia

Il senso dell’attesa, e della sua gravità, sta tutto in quelle quattro parole: “As soon as possibile”. E sulla bocca di Paolo Gentiloni, uno di solito  immune alla tentazione dell’enfasi, suonano assai pesanti. E del resto, le incognite sul Pnrr italiano, e le sue modifiche, sono ormai un tema così accattivante, a Bruxelles, che il commissario agli Affari economici se lo vede porre perfino dai giornalisti francesi. “Noi, come Commissione, siamo pronti a discutere in modo costruttivo e flessibile. Ma è indispensabile che si inizi a farlo il prima possibile”. E forse, chissà, non è una coincidenza che proprio ieri, poche ore dopo questo ammonimento di Gentiloni, Raffaele Fitto abbia deciso di inviare, finalmente, i primi documenti sul RePowerEu a Bruxelles. “Una prima parte”, spiegano dall’entourage del ministro meloniano, perché ad attendere che tutti i colleghi di governo completassero le procedure richieste si rischiava di attendere Godot. E lo si rischia ancora.

Perché la scadenza imposta da Fitto a tutti i suoi colleghi di governo – entro ieri ciascuna struttura di missione avrebbe dovuto far pervenire a Palazzo Chigi le proposte sulle modifiche dei progetti di propria competenza sul Pnrr – s’è trasformata pure quella in un mezzo passaggio a vuoto, se è vero che qualche dicastero ha inviato poche righe che rimandavano a precedenti comunicazioni, e una buona manciata di dicasteri ha preferito invece concedersi un supplemento di riflessione, dandone comunicazione allo staff di Fitto. Il quale, non a caso, ha provveduto a inviare agli uffici della Commissione i primi incartamenti relativi alle modifiche del Piano a ora di pranzo, prima di recarsi alla Camera per il Question time, e prima di consegnare a un comunicato ufficiale una dichiarazione che pretende di rivendicare una certa sintonia con la Commissione: “Quelle espresse da Bruxelles sono posizioni   in linea con la visione del governo Meloni”, ha messo a verbale. Di più: “Relativamente al capitolo aggiuntivo del RePowerEu, come emerge da una lettura attenta e non superficiale del rapporto, si conferma l’avanzamento dell’interlocuzione positiva con la Commissione in attesa della formalizzazione  dello stesso”.

Solo che è proprio “l’attesa della formalizzazione dello stesso” che anima la sollecitudine di Gentiloni e di Valdis Dombrovskis: altrimenti come interpretare, nel documento licenziato ieri, quella nettezza con cui i commissari ricordano che “l’Italia non ha ancora presentato alcuna proposta ufficiale”?  Ed è certo “utile”, come spiega Fitto, “evidenziare che ad oggi sono solo quattro stati membri ad aver presentato la proposta RePowerEu”, ma ci sarà un motivo se il paese che è più vicino all’Italia per onerosità del suo Recovery, e cioè la Spagna, venga invitato a “mantenere il ritmo  nell’attuazione del Piano”, mentre nelle sei righe di raccomandazioni finali sul Pnrr italiano la Commissione usa per  quattro volte sollecitazioni alla “rapidità”, alla “velocità”, all’“accelerazione”. Fate presto, insomma, verrebbe da sintetizzare, se non fosse che l’espressione rimanda a precedenti infausti.

Poi, certo, nelle raccomandazioni c’è anche altro. C’è l’esortazione a ridurre il deficit (attenuando le misure straordinarie e generalizzate contro il caro energia), c’è l’invito a potenziare la transizione ecologica, c’è il solito richiamo al varo di una riforma fiscale improntata alla progressività  e alla revisione del catasto (quelle cose, insomma, per cui da destra nacque l’avviso di sfratto a Mario Draghi). E c’è anche, ed è un punto su cui Gentiloni molto ha brigato, l’offerta a Giorgia Meloni di una agevole via d’accesso al Fondo di solidarietà per ottenere risorse straordinarie per la crisi in Romagna senza che queste vengano conteggiate nel bilancio statale.

Ma è inevitabile che sia sul Pnrr  l’attenzione di tutti. Perfino quella del Pd, e non era scontato. E infatti martedì, durante la capigruppo, il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia, ha sollevato non senza toni polemici, e non senza trovare qualche sponda perfino nei colleghi di maggioranza, il problema legato a “una confusione inaccettabile da parte del governo sul più strategico dei dossier”. Per questo ha lasciato intendere che, magari col sostegno anche di Terzo polo e M5s, chiederà nei prossimi giorni un atto d’indirizzo e un voto d’Aula, “così Fitto dovrà mettere numeri e cifre, una buona volta, nero su bianco, sottraendo questo dibattito così delicato all’ambiguità in cui il governo lo ha avviluppato”.

E non è da escludere che il ministro prenda di buon grado l’invito. Perché i suoi collaboratori lo hanno sentito dire che “la prossima settimana, quando presenteremo al Parlamento la relazione semestrale sul Pnrr, sarà il momento della verità”. Il momento, cioè, di spiegare, “progetto per progetto”, perché “la gran parte dei ritardi, compresi quelli sulla terza rata ancora congelata, non dipende da questo esecutivo”. Funzionerà, come linea difensiva, in Aula? Non è da escludere. Più difficile pensare che funzioni anche con la Commissione europea.
 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.