Giorgia Meloni (Ansa)

Il commento

La stabilità di un governo passa dall'avere un Parlamento più forte

Paolo Cirino Pomicino

La risposta che il paese attende è una governabilità che non deprima la democrazia: l'uomo solo al comando non serve. L'Assemblea degli eletti va rafforzata con la sfiducia costruttiva e con modifiche regolamentari
 

La spinta a modificare il sistema di governo messo in pista da Giorgia Meloni ha una sua radice che non va dimenticata. Quando c’è da decenni una drammatica crisi dei partiti, tutti ormai privi di ogni riferimento culturale e tutti travolti da un personalismo intollerabile, la democrazia parlamentare arranca. E quando a tutto questo si aggiungono le liste bloccate che impediscono agli elettori di scegliersi il proprio parlamentare e il ritorno di quel devastante fenomeno del trasformismo parlamentare che affossò lo Stato liberale pre fascista è la democrazia parlamentare ad andare drammaticamente in difficoltà.

 

Se le radici di questa crisi sono queste e sono ben note lo sono anche le responsabilità di chi ha voluto il sistema maggioritario solo per spaccare la Dc non rendendosi conto che si buttava via il bambino con l’acqua sporca, il rischio è che si ripetano gli errori ma questa volta di segno contrario, e cioè il presidenzialismo o il premierato. L’esigenza di rafforzare la stabilità politica è legittima e necessaria ma la risposta non è il governo di un uomo solo, fosse anche contenuto da un altro sovrano democratico come accade negli Stati Uniti con il Congresso che fa da contraltare ai poteri presidenziali. La risposta alla crisi, una risposta che non scivola nello scontro personale, è il Parlamento.

 

Ma un Parlamento vero fatto da eletti e non da nominati. Un Parlamento che va rafforzato con la sfiducia costruttiva e con modifiche regolamentari privilegiando, ad esempio, nell’attività legislativa, la sede redigente e non quella referente. In parole semplici la risposta che il paese attende è una governabilità senza deprimere la democrazia e piaccia o non piaccia la garanzia democratica è strettamente incardinata nella vita e nelle efficienza di un Parlamento libero ed eletto. Chi vuole affrontare riforme costituzionali deve, insomma, ripristinare un sistema elettorale proporzionale che ha il doppio effetto di lasciare agli elettori la capacità di reclutare classe dirigente all’altezza dei bisogni e di garantire che i governi che si formano avranno la maggioranza in parlamento ma anche nel paese.

 

E' vergognoso che in quasi 30 anni la Seconda repubblica ha partorito solo governi che erano maggioranza in Parlamento ma minoranza nel paese, come lo è anche il governo Meloni, e quindi con uno scontro permanente tra le opposizioni che imaginano giustamente di avere con se tutti quelli che non hanno votato i partiti di governo (e sono la maggioranza) e lo stesso governo che si fa forte di avere invece la maggioranza in Parlamento dove si decidono i destini del paese. Nei primi 40 anni i governi erano ad un tempo maggioranza nel Parlamento e nel paese e la società italiana si unì in momenti drammatici così come in tutta Europa vige il sistema proporzionale più o meno corretto.

Per unire garanzie democratiche ed efficienza degli strumenti di governo. Questa accoppiata si ha solo rafforzando il parlamento e la sua efficienza. Cosa possibile solo se si ha il coraggio di tornare ad un sistema proporzionale visti i disastri politici, economici e sociali del sistema maggioritario negli ultimi 30 anni. Lo diciamo innanzitutto alla Meloni sollecitandola a non farsi offuscare la mente come è accaduto ai suoi predecessori che pur essendo alla guida di governi che erano minoranza nel paese pensavano che l’intera società italiana fosse dalla propria parte. Fu così che persero i referendum e con esso la propria carriera politica.
 

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