Foto di Filippo Attili, Palazzo Chigi, via Ansa 

i nodi

Codice degli appalti, nomine e Pnrr. Tutte le secche in cui è immerso il governo

Redazione

La nuova norma sugli appalti scontenta i sindacati, che accusano la "scarsa trasparenza". L'esecutivo nel frattempo tiene in stand-by la nomina ai vertici di Rfi, che dovrà gestire 24 miliardi di fondi europei: altro braccio di ferro tra Meloni e Salvini

Sul Codice degli appalti si è aperto uno scontro con i sindacati. Sulle nomine è stallo perché la partita Rfi (Rete ferroviaria italiana), che ha in ballo 24 miliardi di finanziamenti europei, si sta rivelando un nodo complicato da sciogliere. Sono entrambi temi chiave che ruotano attorno al Pnrr, che sta scontando in questi giorni un momento di stallo, visto che c'è il rischio che si accumulino ritardi irreparabili. Sia il nuovo regolamento sugli appalti che la nomina ai vertici della Rete ferroviaria hanno come minimo comun denominatore un ministero, quello delle Infrastrutture e dei Trasporti, e di conseguenza, il suo titolare, il vicepremier Matteo Salvini. Che sui dossier di sua stretta osservanza non arretra ma anzi rilancia, anche a costo di creare tensioni con la stessa premier Meloni.

Il Codice degli appalti, milestone del Pnrr

Il nuovo Codice degli appalti sarà pubblicato in Gazzetta ufficiale entro dopodomani: il 31 marzo. È necessario perché si tratta di una milestone del Piano di ripresa e resilienza, anche se le nuove regole non si applicheranno direttamente al Pnrr, che andrà avanti invece con il decreto Semplificazioni firmato da Mario Draghi. Il Codice è una riforma fondante che vale 200 miliardi all'anno di appalti pubblici e non solo, poiché si applicherà anche a interventi straordinari, come il decennale progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, che sta diventando cavallo di battaglia di Salvini

Eppure, la fretta non piace ai sindacati, così come la riforma introdotta dal Cdm di ieri. I tempi stringati sono dovuti alla concitazione scaturita anche dalla relazione della Corte dei conti sul Piano. Dal documento la Corte toglie dai 20,4 miliardi di spesa previsti le spese collegare a misure che già esistevano prima: il che significa che da spendere restano 10 miliardi. Per assolvere al nostro compito di spesa di 191 miliardi previsti dal Pnrr, sarà d'obbligo, dal 2024 al 2025 spendere circa 45 miliardi all'anno. Un obiettivo difficile da raggiungere. Anche se ascoltando le parole del ministro incaricato del Piano, Raffaele Fitto, "difficile" sembra un eufemismo: "Se riusciamo a capire oggi che alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non potranno con certezza essere realizzati, allora dobbiamo dirlo e non aspettare il 2025". 

 

Inoltre, sul livello dei contenuti, secondo i sindacati, pronti a scendere in piazza il primo aprile, con il nuovo Codice si rischiano "cartelli, corruzione e poca trasparenza". A cominciare dall'innalzamento della soglia per l'affidamento diretto, senza gara, a 5 milioni e 380 mila euro. Per l'Autorità anticorruzione queste soglie troppo elevate rendono poco controllabili gli appalti minori. E poi c'è la strada della liberalizzazione degli appalti integrati, in cui progettista ed esecutore coincidono, che varranno per qualsiasi importo e grado di complessità. Infine, a scatenare la protesta in particolare di Cigl e Uil, c'è un'altra liberalizzazione: quella del subappalto senza limiti. 

Per Salvini il nuovo codice però "è una rivoluzione" perché "snellisce, accelera e semplifica, e diventa uno strumento rivoluzionario in mano agli imprenditori e ai sindacati".

Il nodo delle nomine e la Rfi

Legato al Pnrr c'è anche la questione della scelta dei vertici di Rfi (Rete ferroviaria italiana). E il nodo per la società è tanto complicato da aver portato il governo alla scelta di concentrarsi prima sulle nomine per le grandi partecipate e solo dopo sulla rete ferroviaria Anche perché quest'ultima si troverà a gestire 24 miliardi del Pnrr destinati alle infrastrutture. Così, dato il peso della nomina, ci si trova in una fase di stallo tra le preferenze più vicine alla presidenza del Consiglio e quelle più direttamente collegate a Salvini, che anche in questa circostanza non si accontenta di giocare un ruolo secondario.