Elly Schlein (Ansa)

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Lazio amaro per Elly. Quanto è difficile dire “no ai cacicchi” di fronte al Pd locale

Marianna Rizzini

Nella prima riunione del Consiglio regionale tornano i fantasmi dei potentati dem. Mentre all'orizzionte si profila un possibile punto critico: l’elezione dei nuovi segretari locali. E poi c'è il tema del termovalizzotore: quale sarà la linea? Questioni per la nuova segretaria 

Hai voglia a dire “stop ai cacicchi”, come ha fatto la neo segretaria del Pd Elly Schlein al momento dell’insediamento, domenica scorsa, alla Nuvola di Fuksas, quando poi, sul campo, non ci sono soltanto i macrotemi da affrontare in Parlamento (a partire dal salario minimo, per il question time con Giorgia Meloni, oggi alla Camera), e neanche soltanto gli equilibri interni di cui discutere con Stefano Bonaccini, in vista della definizione della segreteria.

 

C’è infatti un altro campo, meno visibile, dove le parole di Schlein potrebbero essere presto smentite nei fatti, ed è il campo romano-laziale. Due giorni fa, infatti, alla prima riunione del Consiglio regionale guidato dal centrodestra di Francesco Rocca, è accaduto che il presidente indicato dalla maggioranza e poi eletto, Antonello Aurigemma di Fratelli d’Italia, ricevesse cinque voti più di quelli previsti sommando gli esponenti dei partiti che sostengono Rocca. E ci si è dunque interrogati su chi potessero essere, in particolare nel Pd, coloro che, a scrutinio segreto, hanno dato una mano alla destra, con il fantasma del consociativismo che rischia di rientrare dalla finestra, nonostante le parole della neo segretaria Pd siano sempre state orientate alla definizione di un’opposizione dura e comune a Giorgia Meloni. Si cercava di scrutare, alla Pisana, il pensiero recondito del vicepresidente di opposizione eletto in un ruolo di garanzia, Daniele Leodori, uomo chiave zingarettiano del Pd laziale, o quello del nuovo capogruppo pd in Regione Mario Ciarla, vicino al sindaco Roberto Gualtieri, e quello del veterano pd alla Pisana Rodolfo Lena.

 

Si guardava verso il Terzo Polo, si scandagliavano gli sguardi a Cinque Stelle. Fatto sta che il Pd di Schlein – la segretaria che nei discorsi post-vittoria evoca sempre la “leadership femminista” e che quando si rivolge a una categoria di persone parla sempre prima al femminile (cittadine e cittadini, elettrici ed elettori) – si è ritrovato con un giallo nell’urna alla Regione Lazio e con l’elezione a capogruppo di Ciarla e non della consigliera Eleonora Mattia, uscita dalle amministrative del 12 febbraio scorso come la prima donna eletta del Partito Democratico (lato Bonaccini) e di tutto il centrosinistra a Roma e provincia.

 

Lei, Mattia, dice che con l’elezione di Ciarla capogruppo si è voluto dare un segno di sostegno al sindaco Gualtieri, e che per le altre posizioni in quota all’opposizione nel gruppo del Pd “si terrà conto del consenso e dell’equilibrio di genere”, ma per Schlein si profila, lungo l’orizzonte romano-laziale, un altro possibile punto critico: l’elezione dei nuovi segretari Pd locali (al momento si pensa a Leodori stesso e a Enzo Foschi, ma gli equilibri interni locali dem sono stati stravolti dalla prevalenza dei voti schleiniani anche a Roma. Quindi, dice un esponente pd capitolino, “nulla è più certo come sembrava”).

Non bastasse, la prima riunione del Consiglio regionale ha messo in evidenza una crepa anche rispetto alle alleanze. Per il ruolo di segretario d’aula (sempre di garanzia per le opposizioni), infatti, il Terzo polo, alleato del Pd a fianco del comune candidato Alessio D’Amato, e vista anche l’elezione a presidente del Consiglio regionale del dem Leodori, si aspettava di veder prevalere un proprio esponente. Invece segretario d’aula è stato eletto il Cinque stelle Valerio Novelli. Cosa che ha fatto insorgere i consiglieri di Italia Viva Luciano Nobili e Marietta Tidei al grido di: ma come, già finita l’intesa Pd-Terzo Polo?, era il concetto. “Magari è il nuovo corso del Pd di Schlein”, diceva Nobili, evidenziando che il Pd, “invece di aprire un confronto con chi ha condotto la campagna per D’Amato, ha scelto di sostenere il M5s che invece ha fatto di tutto per far vincere la destra”. Lavoreremo insieme, diceva Leodori. Ma c’è un altro problema: che linea si terrà rispetto al termovalorizzatore?

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.