Il profilo

Ascesa di Alfredo Storto, il "dritto" di Salvini e capo gabinetto "adagio, adagio"

Carmelo Caruso

Da magistrato a consigliere politico. Gestisce tutti i dossier del ministero dei Trasporti. In passato ha lavorato con Calderoli. La rigenerazione del leader della Lega passa da lui

E’ “Storto” di cognome, ma è il “dritto” di Salvini. La fortuna può essere sbilenca. Il leader della Lega è stato baciato. Ovviamente è un bacio fluido: smack, smack. Glielo ha dato Alfredo Storto, il suo capo di gabinetto al ministero dei Trasporti, una scoperta del viceministro Edoardo Rixi: “Caro Matteo, conosco uno che fa per noi”. Se Salvini si sta rigenerando lo deve anche a questo magistrato “adagio, adagio” che gli assembla i dossier, che sta scrivendo il nuovo codice degli appalti e che possiede due scrivanie, una per i faldoni e una per offrire la tazzulella di caffè: “Zucchero? Gradisce?”.


Basta una zolletta di Alfredo Storto e i problemi, di Salvini, vanno giù. Ha 57 anni, molisano, di Campobasso, ed è un magistrato del Tar, anzi, come dicono i suoi colleghi “un processual-civilista”. La moglie è giudice ordinaria. Molti anni fa, per non separarsi da lei, il trasferimento lo chiese lui. Bravo! Andarono entrambi in Sicilia, ad Agrigento, e ci andarono sopra il “ferribotte”, il traghetto che Salvini vuole ora consegnare all’antichità: “Faremo il ponte sullo Stretto”. E smettetela di fare ironia. “Lo facciamo! Già questa settimana può arrivare il decreto Ponte” ha promesso Salvini.

 

Il ponte lo vuole fare storto (solo Milano può avere la Torre Hadid?) precisiamo: lo vuole fare “con” Storto. Insieme al suo signore “adagio, adagio”, Salvini si è pure gettato a difesa del motore “termico” e lotta contro la messa al bando nel 2035. Brum, brum, frizione e acceleratore. Ha anche ingaggiato una battaglia continentale con la Cina di Xi Jiniing: “Caro Xi, l’elettrico te lo do io!”. Intervistato da Radio 24, Salvini ha dichiarato: “La transizione digitale è fondamentale ma costringere tutta Europa, in tempi così brevi, a passare all’elettrico equivale a passare dalla dipendenza del gas russo alla dipendenza della Cina”. Pompa di benzina 1 e colonnina elettrica 1. Pareggio e tubo di scarico al centro.

 

I leghisti ne sono convinti. Il solito deputato che non può diffondere la sua identità (ma quando siglate la pace con Salvini?) esulta: “Salvini bomber, Rixi dietro e Storto sulla fascia. Un tridente”. Il cross lo ha fatto Rixi, il turbodiesel del Mit. Prima che Meloni assegnasse le Infrastrutture a Salvini, Rixi contatta Storto. Lo aveva conosciuto quando lui era sottosegretario ai Trasporti nel governo gialloverde. Storto era capo del legislativo con Danilo Toninelli (Toninelli è sempre più una star di Tiktok. Il Tg Toninelli ha come rivale solo Enrico Mentana) e aveva anche lavorato, in passato, per Calderoli.

 

L’uomo “adagio, adagio” è infatti un altro “gabinettista” della scuola Fortunato (Vincenzo) pontefice del Mef durante i governi Berlusconi. L’erede di Fortunato è Giuseppe Chiné, anche lui ex capo di gabinetto del Mef, e amico di Storto che, se chiamato, può essere servitore di tutti. Non è di destra, non è di sinistra, forse è più progressista che conservatore. E’ figlio di un segretario comunale democristiano. A 27 anni era assistente di Guido Alpa. Suo vero maestro resta però il giudice della Corte Costituzionale, Romano Vaccarella.

 

La sapienza di Storto quale sarebbe? La spiegano i dirigenti del Mit: “Salvini cerca buone idee e Storto un ministro, un leader, a cui poter affidare le sue buone idee”. Metodo: “Salvini individua un tema popolare. Può essere il codice della strada, lo stop al diesel, il nuovo casello della A4 da inaugurare. Storto istruisce la pratica, la cura, e la consegna a Salvini cucinata, fumante, da servire per un comunicato”.

 

Quando Salvini parte in visita a un cantiere chiede a Storto: “Vieni con me?”. Lentamente, da capo di gabinetto, garantiscono, si è trasformato in consigliere politico. Durante le riunioni alza la mano e dice: “Se permettete, se posso dire la mia”. Piace a Salvini perché sa stare al suo posto. In siciliano per indicare una persona dotta si dice: “Dove lo tocchi suona”. E infatti Storto ha una soluzione per tutto: è la fisarmonica di Salvini ma lo spartito lo scrive Storto.

 

Al ministero, nella sua stanza, una scrivania è adibita come porto. E’ una flotta di fascicoli che Salvini smista a Rixi e Storto. Salvini si è fatto astuto. Assegna a sua discrezione i dossier ai viceministri e sottosegretari, come consente la legge. E’ chiaro che il più operativo sia Rixi che fa tandem con il capo di gabinetto. Raccontava Enrico Cuccia che “un buon numero uno si vede dal suo numero due”. Salvini si è scelto il suo numero due, il suo capo di gabinetto, senza sguainare il machete.

 

Prima di Storto il capo di gabinetto era Alberto Stancanelli ritenuto più vicino al centrosinistra che al centrodestra. Stancanelli ha preferito lasciare per ricoprire lo stesso incarico con il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Oltre a Stancanelli, per anni, figura chiave del Mit era quella di Giuseppe Catalano, coordinatore della Struttura tecnica di missione. Anche lui ha lasciato (è oggi capo di gabinetto di Michele Emiliano). Al suo posto è stata chiamata dal Veneto, made in Zaia, Elisabetta Pellegrini. Da allora sono arrivate da Salvini scudisciate contro Anas, RfI. “Acceleriamo, acceleriamo”. Oggi, Salvini, si è raddrizzato come leader. “Storti per Salvini”. E’ questa la più bella corrente della Lega.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio