Bruxelles bacchetta Meloni sui baneari. Ma nel governo non c'è nessuno che gestisca il dossier

Valerio Valentini

Le deleghe sulle spiagge erano di Santanchè. Poi di Palazzo Chigi. Quindi di Musumeci. Ora, di fatto, non ce le ha nessuno. Fitto costruisce una mediazione con l'Ue, che però non piace al governo. La via obbligata è quella di tornare alla bozza di Draghi: e Lega e FI già se la ridono

Citofonare a chi? L’imbarazzo è tale, nel governo, tale è la confusione, che non si sa neppure chi sia a dover rispondere, ai richiami della Commissione europea. E non a caso, visto che a distanza di quattro mesi dalla nascita del suo esecutivo, e con una procedura d’infrazione da gestire, e l’insofferenza del Quirinale messa a verbale, Giorgia Meloni non ha ancora trovato il modo e il tempo di assegnare la delega sui balneari. Da Daniela Santanchè la competenza era stata rimessa a Palazzo Chigi. Di lì pareva dovesse essere trasferita a Nello Musumeci. Macché. Non l’ha ricevuta e neppure sgomita per accaparrarsela, viste le rogne che ne conseguirebbero. E così finisce che perfino convocare una riunione diventa un busillis: “Se ne occuperanno i ministri competenti”, dice Francesco Lollobrigida, come a voler rassicurare che sia tutto sotto controllo. Ma ad oggi, di competenti non ce ne sono.

E sì che la severa lettera con cui Sergio Mattarella ha accompagnato la promulgazione del Milleproroghe imporrebbe una certa risolutezza. “Io non so niente”, si ritrova però a dover dire, ai capigruppo di maggioranza che lo interrogano, Luca Ciriani, che da responsabile dei Rapporti col Parlamento sta lì a cercare di prendere tempo. L’unico che, a dispetto dell’effettiva ripartizione dei ruoli, si è preso la briga di dare una direzione agli accidenti, è stato Raffaele Fitto.

Il quale proprio ieri, mentre era in missione a Bruxelles per discutere le nuove linee guida e la nuova governance del Pnrr, s’è visto piovere addosso la reprimenda della portavoce della Commissione  per il Mercato interno, Sonya Gospodinova, che ha definito “inquietante” la proroga delle concessioni al 2024 voluta dalla maggioranza. E il bello è che fosse per lui, per il responsabile dei Rapporti con l’Ue, la soluzione ci sarebbe già: recuperare la prima versione del disegno di legge ideato da Mario Draghi nell’estate del 2021 – la messa a gara delle concessioni temperata da tutta una serie di tutele e salvaguardie per i gestori attuali – su cui avrebbe già un accordo di massima coi funzionari di Bruxelles. (Col prevedibile, più o meno sadico, compiacimento di Lega e FI, che ora attendono al varco Meloni affinché recuperi, proprio lei che fu l’unica all’opposizione di Draghi, lo stesso provvedimento contro cui si scagliò, accusando di viltà Salvini e il Cav., arrivando perfino a fare ricorso – invano, ovviamente – alla Corte costituzionale). Il tutto, in ogni caso, da farsi prima che la Corte di Strasburgo si esprima, con esito più che scontato, di qui a qualche settimana, per decretare l’immediata decadenza di tutte le concessioni in vigore, col caos di ricorsi e contenziosi che ciò si porterebbe dietro. Ed è questo il senso dell’avvertimento che Fitto aveva diramato ai colleghi di governo già il 25 gennaio scorso, durante un vertice a Palazzo Chigi.

Sennonché, per una strana contingenza, Fitto si ritrova, nel suo tentativo di mediazione ragionevole, a essere contestato dalla sua stessa maggioranza, perfino da dirigenti del suo stesso partito che mugugnano perché “ci siamo affidati all’unico dei nostri favorevole alle gare”. Non che lui l’abbia cercata, questa responsabilità. Anzi. A ereditarla dal suo precedessore Massimo Garavaglia, era stata la meloniana Santanchè. Che però, in un sussulto di pragmatismo, lei che tra l’altro aveva versato nelle casse di FdI 26 mila euro proprio dal conto del Papeete, da neo ministra del Turismo aveva rimesso le deleghe a Palazzo Chigi. Che le aveva girate, o così pareva, a un altro meloniano, Musumeci, forse anche per risarcirlo del fatto che la cassa per il Sud e i fondi di coesione erano stati nel frattempo assegnati a Fitto. E quello, Musumeci, c’aveva forse perfino creduto, se è vero che si ritrovò a presiedere una cabina di regia sui balneari proprio in virtù di un incarico che poi, nel concreto, non s’è mai inverato. Il ddl Concorrenza di Draghi, quello che aveva cercato di risolvere la faccenda dei balneari, assegnava gli obblighi di avviare l’iter della messa a gara al ministero dei Trasporti e a quello del Turismo. Ma quel provvedimento fissava una cornice normativa valida fino a febbraio 2023. Dunque, da oggi, non si sa neppure chi sia titolato a rispondere alla Commissione. Magari la riunione prevista a Palazzo Chigi – era fissata per oggi, ma nella serata di ieri ancora non c’era stata alcuna convocazione ufficiale – potrebbe partire da qui: chi è il ministro competente?
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.