
il retroscena
Renzi e Nordio: ecco la strana coppia che preoccupa Meloni
Le tattiche del leader di Italia Viva (dentro e fuori il Senato) per allontanare il Guardasigilli dalla premier
La raccomandazione offerta alla truppa pare quasi un po’ banale. “Ché se noi non distinguiamo tra Delmastro e Nordio, se li consideriamo un unico obiettivo, faremmo un grosso regalo a Meloni”. E però da questo assunto quasi ovvio che Matteo Renzi ha consegnato ai suoi, deriva poi una strategia meno grossolana. Che consiste, appunto, nel divaricare quanto più possibile la crepa tra il Guardasigilli e la premier, nell’evidenziarne “le incompatibilità strutturali”, come le definisce Carlo Calenda, che pure s’è dovuto convincere della bontà della linea del collega di Iv. E insomma lo spazio di manovra del Terzo polo sta qui, e passa perfino per un impensabile legame famigliare.
“Non posso certo smentirlo, né certamente intendendo rinnegarlo”, sorride Paolo Russo, ex deputato di Forza Italia, ora responsabile del Mezzogiorno di Azione. E quel che non può negare, insomma, è la sua parentela con Giovanni Russo, che è capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. “E’ mio fratello, sì”, conferma Paolo, che però mette le mani avanti: “Mi auguro che nessuno pensi che il giudizio che Azione dà sulla faccenda Cospito, sulla divulgazione di quegli atti riservati da parte di esponenti di FdI e sull’operato del Dap dipenda anche solo vagamente da questo mio legame. Figurarsi. Da parte mia, anzi, esprimo solo preoccupazione per le minacce meschine che mio fratello ha ricevuto sui social nei giorni scorsi”.
No, decisamente non è per questo dettaglio che Calenda ha deciso, dopo qualche cedimento al gusto della polemica, che attaccare frontalmente Nordio non sia saggio. La ridefinizione dell’atteggiamento da tenere verso il Guardasigilli è stato semmai frutto di un confronto con lo stesso Renzi. Col quale il leader di Azione ha convenuto che sì, scagliarsi contro il ministro della Giustizia significa inevitabilmente spingerlo di nuovo tra le braccia di Meloni e del suo governo. “E invece noi alla premier dobbiamo chiedere se sia in grado lei di convertirsi al garantismo: è da lei che bisogna pretendere che s’avvicini a Nordio, a meno che non voglia confermare che la sua cultura giuridica è quella di Delmastro e Donzelli”, ha spiegato l’ex premier. Che certo, almeno su questo dossier, è convinto che con FI si possa giocare di sponda. E così si spiega l’intesa ormai quasi proverbiale, al Senato, tra l’azzurro Pierantonio Zanettin – uno che il capo di gabinetto di Nordio, Alberto Rizzo, lo conosce assai bene – e il renziano Ivan Scalfarotto, che prima hanno firmato insieme un odg sull’inappellabilità delle assoluzioni in primo grado, e poi hanno collaborato a un ddl per limitare l’uso del trojan. Il tutto mentre alla Camera, per evitare che la leghista Giulia Bongiorno si accaparri il dossier a Palazzo Madama, il forzista Nazario Pagano, presidente della commissione Affari costituzionali, deposita una proposta di legge per la separazione delle carriere subito benedetta dal calendiano Enrico Costa.
E certo questo tatticismo, se da un lato ha le sue ragioni, dall’altro produce spesso anche dei cortocircuiti. Al punto che ieri mattina, nei conciliaboli fra terzopolisti, circolavano ben tre diverse ipotesi su come comportarsi di fronte alla mozione del Pd che a Montecitorio chiederà le dimissioni di Delmastro da sottosegretario. E dunque c’era chi predicava cautela estrema (“Meglio non sostenerla, perché l’effetto politico sarà quello di ricompattare la maggioranza e rafforzare il meloniano”), chi proponeva di votarla ma senza sottoscriverla, che è un po’ un estremo arzigogolo del parlamentarismo per dirsi d’accordo ma non d’accordissimo, e infine chi – e pare abbia l’abbia spuntata Calenda, qui, insomma – diceva di condividere in toto l’iniziativa, e chiuderla lì.
Anche se poi, oltre alle manovre parlamentari, ci sono le dinamiche interne alla magistratura. E in questo, l’asse di Renzi e Calenda con Nordio sembra assai solido. Al Csm, la corrente moderata di Magistratura indipendente (Mi) esprime la maggioranza relativa tra i togati, con sette membri. Da sola, un solo membro in meno rispetto alla somma di Area e Magistratura democratica (Md), le ali sinistre. In quest’ottica, la vicinanza di Mi ai centristi di Unicost può essere decisiva, così come consolidato appare, in prospettiva, il sostegno del renziano Ernesto Carbone ai sette laici di centrodestra, come s’è visto in occasione dell’elezione al vertice di Palazzo dei Marescialli di Fabio Pinelli, candidato da Matteo Salvini ma molto vicino anche al mondo del renzismo.
Ed è un’egemonia, quella di Mi, che arriva fin dentro Via Arenula. E’ quella la corrente di Rizzo, il capo di gabinetto voluto da Nordio (che ha come vice la ex deputata forzista Giusi Bartolozzi). A Mi appartiene anche Antonello Mura, nominato dal ministro come capo dell’ufficio legislativo. In entrambi i casi, a essere sacrificati sono state due toghe di Md, Raffaele Piccirillo e Franca Mangano. Ah, è di Mi anche Giovanni Russo, il capo del Dap. “Ma non chiedetemi di faccende di magistratura, a me, ché io sono un medico oculista”, sorride l’altro Russo, Paolo. Il calendiano.