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Il centrodestra e i prof

Ci sono aperture di credito dal mondo della scuola verso il governo Meloni?

Marianna Rizzini

Il giudizio è ancora incerto, ma le piazze in questi primi mesi dell'esecutivo sono meno piene di slogan sindacali. Eppure restano aperti i nodi aumenti e arretrati, così come i problemi post-pandemia. Parlano Giannelli (Associazione nazionale presidi) e Nava (Coordinamento genitori democratici)

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Sono passati tre anni, ma l’eco dei due lockdown si allunga sull’oggi, in particolare sulle aule dove docenti e genitori notano ancora le conseguenze vissute dagli studenti a livello di apprendimento, socializzazione, reattività. Intanto, al suo insediamento, il governo presieduto da Giorgia Meloni ha messo l’accento sul “merito” (fin dal nome del ministero dell’Istruzione, che ha il “merito” come corollario), ma ha anche acceso i riflettori sugli insegnanti, tradizionalmente bacino di voti per la sinistra: “La formazione”, diceva Meloni al momento di ricevere la fiducia, “è affidata all’abnegazione e al talento dei nostri insegnanti, spesso lasciati soli a nuotare in un mare di carenze strutturali, tecnologiche, motivazionali”, e prometteva, la premier, interventi su salari e tutele. E se i sindacati, sul merito, si sono subito spesi in chiave critica – per la Flc Cgil la “crescita di una società non è una gara”; per la Gilda “il merito è già nella Costituzione”; per la Cisl “non è vero che le scuole fanno poco per colmare i divari sociali e il compito non deve essere assegnato solo a loro” – i docenti si sono visti riconoscere, a fine dicembre, gli aumenti e arretrati a lungo attesi.

 

Sarà anche per questo che le piazze, lo scorso autunno, sono sembrate insolitamente meno piene di slogan antigovernativi provenienti dal mondo della scuola? E come viene visto, in generale, il governo Meloni, dalle cattedre dove i proclami sul merito non sono stati accolti in modo positivo? Che cosa ci si aspetta dal ministro Giuseppe Valditara? Dall’Associazione nazionale presidi, il presidente Antonello Giannelli ha riscontrato intanto, nelle prime interlocuzioni con il governo, “una disponibilità all’ascolto, anche se è presto per giudicare. Sicuramente l’erogazione degli arretrati nell’ambito dell’accordo concluso con i sindacati ha dato ossigeno alla categoria”. Al tempo stesso, dice Giannelli, “restano sul tavolo problemi molto urgenti da risolvere, e lo faremo presente al ministro, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro dei dirigenti, in un quadro di poco agevoli procedure amministrative che impediscono spesso di agire di fronte alle situazioni contingenti. Il lavoro dello staff dirigenziale scolastico, poi, dovrebbe essere valorizzato come struttura di ‘middle management’,  se si vuole evitare la stasi in un settore il cui apporto è irrinunciabile”.

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Visto dal lato delle famiglie, dice Angela Nava, presidente del Coordinamento genitori democratici, all’avvio della legislatura, pur con “una recente apertura di credito del ministero nei confronti delle associazioni genitori” e una prossima convocazione fissata per fine mese, “si percepisce ancora, nelle aule, il malessere vissuto da molti ragazzi nel post-pandemia, dopo due anni di frequenza alternata, solitudine e difficoltà di sentirsi parte della comunità scolastica. Di fronte a questo malessere non si possono adottare, a mio avviso, soluzioni soltanto sanzionatorie o, al contrario, chiudersi in una sorta di buonismo solo permissivo. Chiediamo quindi attenzione nella gestione di un problema complesso”.

Nei due anni di Dad le famiglie “si sono rese conto tanto più dell’importanza della scuola”, dice Nava, “e non soltanto come strumento di welfare – con i ragazzi in casa da un giorno all’altro – ma anche perché i genitori sono stati portati ad avvicinarsi alla quotidianità della scuola: controllo compiti, lettura del registro elettronico, supporto ai figli più piccoli nelle lezioni a distanza. E questo ha portato, di rimando, a valorizzare molto la professione dell’insegnante”. Quanto alla circolare governativa sull’uso del telefonino, Angela Nava invita a “focalizzarsi sul fatto che, proprio negli anni di pandemia, il telefonino è stato lasciato in mano ai ragazzi perché non si poteva fare altro. Fermare il tempo non è produttivo. Si tenga conto di quello che è avvenuto, e si trovi una soluzione senza erigere steccati”. 

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