
(foto Ansa)
Il governo Meloni e il tramonto dei retroscena
Per la prima volta c’è un esecutivo che ha zittito i cercatori di trame nascoste. Ragioni? Una maggioranza forte, che litiga senza nascondersi, molti affari correnti e poche grandi riforme su cui dividersi. Indagine su una svolta
La lettura attenta e minuziosa delle cronache dei giornali, nei primi tre mesi del regno meloniano, ci consegna una piccola ma significativa verità che più passa il tempo e più è difficile da negare. La verità, o almeno il fatto che dinanzi ai nostri occhi si presenta come tale, è che per la prima volta da molti anni a questa parte il governo che abbiamo di fronte non è un governo che si adatta al retroscenismo politico. Il retroscenismo, come sapete, non è un filone che appassiona questo giornale ma negli ultimi anni bisogna dire che il retroscenismo, almeno sui grandi giornali, è diventato un genere letterario a volte persino appassionante. Per i non esperti, di solito funziona così. Seleziona una possibile faglia all’interno di un partito, all’interno di una coalizione o all’interno di una maggioranza. Visualizza all’interno di quella faglia quali sono i politici maggiormente notiziabili. Cerca di raccogliere a microfoni spenti l’umore dei politici maggiormente notiziabili. Individua quali possono essere alcune personalità con cui parlare vicine ai politici maggiormente rappresentativi all’interno di quella faglia. E usa le informazioni raccolte per descrivere trame politiche a volte vere a volte presunte, che essendo classificate come retroscena non ufficiali il più delle volte non potranno essere neppure smentite dai diretti interessati. Nel migliore dei casi, a volte capita, il retroscena serve a impacchettare una notizia di cui si è certi ma di cui non si hanno sufficienti elementi probatori, per così dire. Nel peggiore dei casi, e capita spesso, il retroscena serve a far finta di avere una notizia non smentibile anche quando la notizia non c’è.
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- Claudio Cerasa Direttore
Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.