NOMINE

Il cacciavite di Meloni al Mef: via Rivera, senza commissariare Giorgetti

Simone Canettieri

Scene da spoils system: la premier nomina Barbieri nuovo dg del ministero dell'Economia. Gli uomini di Draghi: "E' bravissimo". Una scelta in continuità interna, ma a uso e consumo della propaganda esterna

La svolta al ministero dell’Economia, pietra miliare dello spoils system meloniano, si materializza intorno alle 14. Doppia inquadratura. La prima: in Via XX Settembre il ministro Giancarlo Giorgetti   convoca  il direttore generale Alessandro Rivera per dargli il benservito (al suo posto il capo degli economisti del Mef, Riccardo Barbieri). Intanto al quarto piano di Montecitorio, sede del gruppo di Fratelli d’Italia, compare la premier. E’ stata chiamata con una scusa. “Auguri Giorgia!”. Sì, i parlamentari le hanno organizzato una festa a sorpresa per il 46esimo compleanno.  Torta  panna e cioccolato e brindisi con bollicine italiane. Ci sono i ministri e il presidente del Senato Ignazio La Russa. “Ci aspettano mesi difficili”, dice la premier. E’ una giornata particolare: Meloni  ottiene “lo scalpo” di Rivera. Lei la chiama “discontinuità”.  


Se per le nomine delle tre agenzie fiscali (Entrate, Demanio e Dogane) c’erano state ben due conferme, questa volta la presidente del Consiglio si impone. E lo fa sulla maggioranza che invece tendeva a evitare  cambi in questa fase: salta Rivera, dunque. Nonostante la difesa di Giorgetti e di Matteo Salvini (“io mi occupo di infrastrutture”), ma anche di Forza Italia e dei moderati di Maurizio Lupi.   Lascia  “l’amico dei francesi, del Pd, delle banche”, secondo la vulgata turbomelonista. La partita è stata comunque tenuta coperta, piena di incognite, fino all’ultimo. “Il direttore del ministero lo sceglie Giorgetti, qui non c’è la linea del mio partito, ma quella del governo”, diceva poco prima del fatal cambio Francesco Lollobrigida, con il sorriso furbo di chi invece la sa lunga. In una nomina così delicata è naturale che la ricerca di un equilibrio fra Palazzo Chigi e il ministero sia stata il vero rovello.  

Si scontravano due esigenze. La prima, quella della Meloni, di rimuovere l’uomo accusato di aver mal gestito il dossier Mps. L’altra, quella di Giorgetti, di non apparire un ministro commissariato. La nomina di Antonino Turicchi, commissario di Ita, ma vero nome della “capa”, sarebbe stata letta come una stravittoria della premier e un conseguente indebolimento del ministro. E così è uscito fuori dal cilindro il nome di Barbieri, nome sconosciuto al Parlamento, agli addetti ai lavori e agli economisti dei salotti tv. Ma forte di un curriculum internazionale, a cavallo fra privato e pubblico, visto che fino a ieri mattina il neo dg si occupava di macroeconomia.

L’uomo cioè delle stime di crescita del paese. Un profilo da spendere anche nei summit internazionali, a Bruxelles come a Francoforte. E soprattutto in continuità con la macchina del Mef. E poco è pesata l’indiscrezione secondo la quale Barbieri, approdato al ministero ai tempi di Pier Carlo Padoan, avrebbe “sensibilità progressiste”. E’ stata la mano di Mario? E cioè di Draghi? C’è chi avanza questo sospetto, subito fugato, anche se gli uomini dell’ex banchiere letta la notizia hanno commentato: “Riccardo? E’ bravissimo”. Insomma, niente machete. Ma cacciavite sì. In questo giro di valzer a bassa intensità resta al suo posto il Ragioniere dello stato Biagio Mazzotta. Cambia invece la direzione generale del personale e dei servizi con l’arrivo di Ilaria Antonini. Si cambia anche alla Farnesina dove al posto del pensionando Ettore Sequi va Riccardo Guariglia: sarà il nuovo segretario generale del ministero degli Esteri. Tutte queste novità e conferme passano in serata in Cdm senza il battito di ciglia dei presenti. Così come il via libera   alla nomina di Luigi Maruotti alla presidenza del Consiglio di Stato (che prende il posto di Franco Frattini, scomparso il 24 dicembre). 

Tuttavia le manovre di Meloni e Giorgetti sull’Economia sono destinate a continuare. Il  Mef nel prossimo Consiglio dei ministri presenterà una riforma del modello organizzativo. Di cosa si tratta? Saranno divisi in due tronconi le funzioni e i rispettivi direttori di gestione del debito e questioni internazionali da una parte e dall’altra le partecipate, piatto ricco che fa gola al governo. Sarà un dipartimento con un direttore ad hoc. 
E qui potrebbe chiudersi il cerchio di Turicchi. Il suo nome, chiusa la vendita di Ita con i tedeschi di Lufthansa, potrebbe tornare in gioco in Via XX Settembre. Del resto si parla di colui che guidò la transizione di Cdp, da società pubblica a mista. La vera sfida dunque si allunga ancora di qualche mese, per fare in modo che coincida con i nuovi assetti delle aziende di stato. Intanto Meloni incassa il risultato che cercava da vendere a uso e consumo esterno (propaganda), ma allo stesso tempo non rompe con Giorgetti né con il deep state che la monitora con attenzione. Nel Cdm serale entra anche il ddl sulla procedibilità d’ufficio e l’arresto in flagranza. Dettagli di una giornata in cui Giorgia e Giancarlo alla fine  si sono saldati. Tra chi ha vinto e chi non ha perso troppo.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.