Nomine

Il twist system della Meloni. "Serve la rotazione degli alti dirigenti". I pensieri di Fazzolari e della premier

Carmelo Caruso

Nessun machete ma l'idea che le alte competenze debbano ruotare come gli ambasciatori e "valorizzati". Le riflessioni del sottosegretario e della premier alle prese con accise e spoils system

Il governo Meloni ha un metodo e un’ambizione. Da oggi li rivendica. Riguardano le nomine, la Pubblica amministrazione, la centralità della politica rispetto all’alta burocrazia. Il metodo che intende seguire, e che promette, non è quello selvaggio della giungla, non è quello del machete, e non sarà “neppure quello della sinistra che ha scatenato una campagna aggressiva, falsa in nome dello spoils system. Noi non siamo come loro. Noi siamo diversi”. A Palazzo Chigi, nelle stanze dove lavorano il premier e il sottosegretario alla Presidenza, Giovanbattista Fazzolari, lo chiamano il “metodo della rotazione”, il twist system al posto dello spoils system.

 

Twist come il ballo veloce. Twist come la parola inglese che significa piega, torsione, la capacità di un alto funzionario di spostarsi e saltare da un’amministrazione all’altra per evitare che “un dirigente diventi il ministro al posto del ministro anche a causa di una politica che il più delle volte si è presentata impreparata, fragile di fronte a questi alti dirigenti”. Sono riflessioni che vengono fatte dal governo che si immagina una macchina dello stato in “movimento” dove la rotazione dei funzionari, l’alternanza, anche per quelle figure altissime, diventi la normalità come del resto prevede la legge anticorruzione per i dipendenti dello stato. Il 9 gennaio l’Anac ha disposto l’obbligo di rotazione anche per i dirigenti scolastici malgrado, in una nota, abbia precisato che “le scuole sono a basso rischio corruttivo”.

 

Ruotare è l’approdo, la soluzione migliore per “restituire alla politica il ruolo di indirizzo. Ruotare non significa punire ma può equivalere a premiare. Stimola l’intelligenza del dirigente, permette all’amministrazione pubblica di avere competenze di ricambio pronte”. Sono tutte considerazioni già maturate in passato nel pensatoio di FdI che ha coordinato Fazzolari. Il concetto della rotazione non ha un padre, non ha un filosofo. E’ solamente una prassi del mondo moderno. Ruotano i prefetti, ruotano i militari, i magistrati. Ruotano soprattutto gli ambasciatori. Fazzolari è stato figlio di un diplomatico. E’ cresciuto in Turchia, ha studiato in Francia, vissuto in Sudamerica, Australia. In Italia i diplomatici praticano “l’alternativa nomade”. Una delle figure esemplari di mobilità in campo diplomatico è stata quella di Giorgio Giacomelli, prima della sua scomparsa. Era il marito di Elisabetta Belloni, l’attuale capo dei nostri servizi.

 

Giacomelli è stato ambasciatore a Mogadiscio, Damasco, Somalia, Siria e nominato anche commissario generale dell’Agenzia per i rifugiati palestinesi. La mobilità, secondo il governo Meloni, mescola idee e favorisce la sana competizione. Una delle ambasciate oggi più contese è ad esempio quella di Tripoli che sta per lasciare Giuseppe Maria Buccino. E dunque “se ruotano gli ambasciatori, i generali, i prefetti perché non dovrebbero ruotare i più alti dirigenti dei ministeri, i direttori? Non è possibile farlo in ogni ruolo ma l’ideale è lavorare perché possa accadere in ogni ruolo”. Sono analisi condivise a Palazzo Chigi. Con la conferma di Ernesto Ruffini, come direttore dell’Agenzia delle entrate, e di Alessandra Dal Verme, direttrice del Demanio, il governo Meloni è come se volesse dimostrare che le sostituzioni non sono arbitrarie. Anche con il Consiglio di stato si procederà senza machete. Il governo ha già chiesto al Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (Cpga) un solo nome come vuole la prassi e senza stravolgere (Renzi chiese una rosa).

 

Non è la prima volta che la destra si trova di fronte a un cambio d’epoca. Nel 1994, quando Berlusconi è arrivato al governo, Cesare Previti pronunciò la celebre frase: “Non faremo prigionieri”. E non li ha fatti. Non sarà un “prigioniero” neppure Alessandro Rivera, direttore del Tesoro, che la premier vuole venga sostituito. Si arriverà alla sua sostituzione senza “maltrattare”. Il ministro Giancarlo Giorgetti continua infatti a studiare profili come quello di Cristiano Cannarsa, ad di Consip. Rivera dovrebbe essere secondo il governo “valorizzato”. Il direttore del Tesoro si contende insieme all’ex ministro Daniele Franco e Dario Scannapieco, un ruolo alla Bei, la Banca europea degli investimenti. Un metodo, e un’ambizione, il governo dunque li l’ha. Il twist al posto dello spoils libera la politica, ma la carica di responsabilità. Tolta la “manina del burocrate”, come alibi, non resta al politico che la frase “me ne assumo la responsabilità”.

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio