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Editoriali

Dal caso Ruberti al poltronificio laziale, nel Pd fingono che vada tutto bene 

Quel in ginocchio o vi sparo non ha innescato nel Partito democratico una qualche autentica miccia di dibattito interno, per fermarsi un istante a riflettere e chiedersi ‘ma cosa stiamo diventando?

Se nell’“Amleto” shakesperiano era la virtù a implorare in ginocchio il vizio per chiedere il permesso di fargli del bene, nel Lazio a trazione Pd a richiedere di mettersi in ginocchio è stato un grand commis di area democratica, Albino Ruberti. E non propriamente, per toni e contenuti di quella ormai arcinota serata frusinate, per fare del bene. Eppure la eco di quell’episodio è scemata nel bailamme politico delle elezioni e con un certo grado di disattenzione mediatica. E soprattutto senza che ciò innescasse una qualche autentica miccia di dibattito interno nel Pd, per fermarsi un istante a riflettere e chiedersi ‘ma cosa stiamo diventando?’. Nulla di fatto. Le voci che a sinistra guardano con crescente fastidio la rotta intrapresa dal Pd laziale sono tutte esterne al partito e riguardano singole personalità intellettuali non più organiche, come si sarebbe detto un tempo. A peggiorare la situazione, il lungo addio di Zingaretti, che non è un romanzo di Chandler ma una qual ritrosia nel presentare le dimissioni dopo l’avvenuta elezione parlamentare.

  

Un addio già preceduto da concorsi la cui indizione ha squassato la calda quiete agostana, per centinaia e centinaia di esperti del lavoro che verranno selezionati all’esito di apposite procedure concorsuali. E poi, nell’immancabile tradizione della occupazione manu militari di ogni spazio di potere, ancorché in limine, la debordante trafila di incarichi che la giunta laziale procede ad assegnare, nonostante le dimissioni già rassegnate. Direttori, direttori generali, componenti degli organismi di gestione degli ambiti territoriali ottimali (Egato), una autentica fabbrica di nomine modello “si salvi chi può”. Tanto, per fare la morale, e rigorosamente solo agli altri, c’è pur sempre la campagna elettorale.

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