Correnti uguale protettorato. Ecco il big bang che serve al Pd

"Senza idee nuove non ci saranno nuove vittorie. Ma con le attuali correnti non c’è spazio per le novità". Ci scrivono Marianna Madia, Tommaso Nannicini, Lia Quartapelle 

La richiesta di superamento delle attuali correnti del Pd, che abbiamo sostanziato con alcune proposte in un ordine del giorno all’ultima assemblea nazionale, è stata accolta con qualche fastidio e con repliche che meritano di essere discusse. Le correnti attuali non funzionano. Sono sopravvissute alle stagioni politiche in cui nacquero. Si sono trasformate in filiere di comando personalistiche ma politicamente anonime e silenziose. Non esprimono idee definite, ma cordate di potere che si diramano dal centro alla periferia. I dirigenti locali si affiliano garantendo fedeltà al capo e, lungo la filiera di un‘organizzazione tanto spontanea quanto paternalistica e autoritaria ne ricevono protezione. A ben guardare le vecchie correnti del Pd non sono correnti ma protettorati.

 

Il problema è che questo modo di vivere la politica al nostro interno allontana energie preziose. Se l’unica domanda che ti senti fare è se stai con “qualcuno”, chi vive la politica in modo autentico e ideale ci guarda stranito e se ne va. Nel frattempo, i capi corrente vincono congressi in forza di meccanismi che li preservano, ma poi perdono l’elettorato. Perdono e insieme a loro perdiamo tutti, perché, salvo virtuose esperienze locali, il Pd non esprime più vitalità, idee fresche e innovative. Queste possono nascere solo da un confronto continuo, libero e pubblico e da comportamenti per radicarsi nella stima e nella fiducia di chi vogliamo rappresentare. Il punto politico della nostra critica, e del perché insistiamo per la sua reale applicazione, è che questo stato di cose corrisponde alla sclerotizzazione delle idee.

 

Senza idee nuove non ci saranno nuove vittorie. Ma con le attuali correnti non c’è spazio per le novità. Ogni ventata di vitalità spaventa; ogni nuova idea va bene purché non alteri il patto tra i capi corrente. Le idee sono secondarie. Sono uno strumento per far finta di esistere in un pendolo infinito tra guerriglia interna e patti di sindacato. Se nel prossimo congresso pensiamo di risolvere tutto con una contrapposizione plastica e vetusta tra linea radical e linea liberal, dietro alla quale nascondere il vuoto di idee dei nostri protettorati, rischieremo solo una nuova e pericolosa scissione. Il Pd è ancora il partito di centrosinistra pensato al suo concepimento o deve diventare un partito di sinistra-sinistra? Non è più possibile occultare e medicare questa divergenza affidando la mediazione a mutevoli compromessi tattici tra le vecchie correnti. Ormai è ineludibile un chiarimento di fondo e un big bang del partito. E per realizzarlo sul serio dobbiamo lavorare a una sintesi ideale e culturale, superando il teatrino di protettorati che devono distinguersi sul niente pur di sopravvivere.

Cosa pensiamo del ruolo dello Stato nell’economia, davanti alla Germania di Scholz che “nazionalizza” il costo dell’energia? Viviamo ancora col complesso di colpa che ci fa sembrare più realisti del Re mercato o possiamo ripensare il ruolo degli investimenti pubblici? Possiamo considerare archiviato il dibattito sull’articolo 18 e guardare invece al lavoro reale, con proposte concrete per i salari e per le partite Iva e i lavoratori poveri o precari? Di questo e altro occorre discutere e decidere al congresso.

  

Per arrivare a una discussione libera, la premessa è lo scioglimento delle correnti (pardon, dei protettorati) attuali. Lo si può fare, ridando forza agli organismi di indirizzo e alle occasioni di consultazione di iscritti ed elettori previste dal nostro Statuto. La prima cosa da fare, come proposto dal nostro ordine del giorno, è di superare il meccanismo delle liste bloccate per l’elezione dell’assemblea nazionale. Bisogna utilizzare tutti gli strumenti per favorire la partecipazione di iscritti ed elettori: a partire da un Conferenza annuale in cui elaborare le posizioni politiche identitarie e dai referendum tra gli iscritti, da rendere obbligatori per le scelte binarie.

 

Pensate a come sarebbe stata diversa la storia dell’ultima legislatura se si fossero tenuti referendum tra gli iscritti sulla nascita del governo Conte II, sul referendum per il taglio dei parlamentari e sulla nascita del governo Draghi. Tutte decisioni prese dai capi protettorato in base agli interessi individuali dei gruppi dirigenti, e non dopo una discussione politica di tutto il partito su cosa significassero quei passaggi. E’ positivo che i primi candidati che finora si sono resi disponibili per il congresso abbiano raccolto la nostra proposta di scioglimento di queste correnti per favorire la discussione congressuale.

 

Le candidature sono ancora aperte, speriamo che altri candidati o candidate vogliano unirsi in questo impegno. Alle parole dovranno seguire i fatti. E’ dall’impegno fattivo dei candidati e candidate e dalla spinta della nostra base che si può ripartire per un congresso che chiarisca la direzione da prendere e che favorisca la partecipazione.
   

Marianna Madia, Tommaso Nannicini, Lia Quartapelle 
esponenti del Pd

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