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Altro che Pd! Il Congresso più avvincente è quello della Lega di Varese. Salvini teme di perderlo. Giorgetti arbitro

Carmelo Caruso

Nella casa dei big leghisti va in scena il duello tra la Lega di Salvini e la Lega delle origini. Si decide per una manciata di voti. La paura del segretario e il tentativo di posticiparlo

Chi non si appassiona a questo Congresso si merita quello del Pd. Ma sul serio volete andare al Monk ad ascoltare Elly Schlein? Se siete di Roma, domenica 4 dicembre, prendete il primo treno veloce, scendete a Milano, stazione Centrale, salite su una carrozza regionale e precipitatevi a Busto Arsizio. Il congresso più avvincente degli ultimi dieci anni lo fa la Lega ed è quello provinciale di Varese. Ci sono due sfidanti, Giuseppe Longhin e Andrea Cassani, che possono dare ripetizioni di buona politica a Fratoianni-Bonelli e Soumahoro. Salvini, che l’ha autorizzato (a malincuore) e che ha un suo candidato, teme di perdere. Giancarlo Giorgetti, che è di Varese, rivendica la quota arbitro. La base ha trovato uno Spartaco e spera di sconfiggere Salvini. La Rai dovrebbe trasmettere “Varese 2022” al posto dei Mondiali del Qatar.


Doveva essere un congresso provinciale e adesso è una finalissima. Da una parte la nuova Lega di Salvini e dall’altra la Lega antica, un filone che parte da Bossi, Maroni, e arriva a Giorgetti e Attilio Fontana. Quando Salvini ha dichiarato: “I congressi? Li facciamo, li facciamo, è stata solo colpa del Covid” non credeva di poterne  uscire sconfitto. Ne ha fatto uno, a Bergamo, ed è andata come è andata. Ha vinto Fabrizio Sala, il sindaco di Telgate, leghista che ha aderito al Comitato nord, la corrente del ritorno alle origini. C’è un vecchio detto nella Lega: “Per fare il segretario della Lega o sei lombardo o lo diventi”.

 

In Lombardia le province decisive sono sette: Bergamo, Varese, Milano, Como, Brescia, Pavia, Sondrio. Di queste sette una è speciale e un’altra specialissima. Quella speciale è Bergamo, la specialissima è Varese. A Piazza del Podestà è stata aperta la prima sede della Lega, la sede dove la bara di Bobo Maroni (nato a  Varese) è stata sollevata in segno di saluto. In via Quarnero, in una casa poverissima, affittata dalla moglie Manuela, Bossi si inventò il partito.  E’ qui che abita in pratica mezza Lega: ministri, presidenti di regione, eurodeputati, deputati, glorie, intellettuali vicini al partito. Giorgetti, Fontana, Stefano Candiani, Dario Galli, Marco Reguzzoni, Francesco Speroni, Matteo Bianchi, Isabella Tovaglieri oltre ad Andrea Mascetti che è una figura a suo modo unica.

 

E’ per tutti i leghisti della zona il “pensatore” della Lega, alpinista, lettore di Gianni Brera, di Peter Hopkirk, uno dei pochi avvocati capace di battere Paola Severino. E’ il Calamandrei di Giorgetti, il suo legale di fiducia. Sono loro, e si può dire, i “grandi elettori” di questo congresso formidabile.

 

I militanti che hanno diritto di voto sarebbero circa 634. Da 18 mesi, la segreteria della Lega ha avuto un commissario. Si chiama Stefano Gualandris e per tutti è il “Gualo”. E’ vicino a Giorgetti, ed è un esperto di aerospazio. Aveva già fatto sapere che il suo compito sarebbe finito alla scadenza ed è stato di parola. Ha fatto partire la macchina del congresso così come gli avevano chiesto Salvini e Fabrizio Cecchetti, segretario della Lega lombarda.

 

Quando Cecchetti ha compreso che il congresso si caricava di un significato era tardi. A farsi avanti  sono stati in tre. Uno è il sindaco di Gallarate, Andrea Cassani,  già dirigente del Consiglio regionale della Lombardia, laureato al Politecnico. E’ di valore, un leghista capace di argomentare, di replicare con grazia. L’altro è Giuseppe Longhin, un militante dal 1991, ex consigliere provinciale. E’ stato perfino iscritto ai “Riaa”. Significa “fiume” ed era la giovanile della Lega Lombarda, il movimento che ha preceduto quello dei “giovani padani”. E’ sicuramente amato dalla  base. Il terzo era Mirko Reto, sindaco di Casciago. Salvini ha fatto sapere che il suo candidato è Cassani e ha chiesto a tutti i leghisti di peso di schierarsi con lui. Longhin e Reto di fatto non hanno sponsor. Sono outsider e sono entrambi per una riscossa del partito. Detto in breve sono critici, con educazione, verso la gestione di Salvini e nella base i critici verso il segretario aumentano. I rapporti di forza sono infatti cambiati.

 

Cecchetti non riesce a garantire la sicura elezione di Cassani a Salvini e Salvini non vuole assolutamente perdere a Varese. La soluzione? Posticipare il congresso con una specie di accordo tra gentiluomini. Ma fermarlo come si fa? E’ impossibile. Reto propone a Longhin: “Uniamo le forze”. Longhin: “Se vengo eletto segretario, fai il mio vice”. Chi è Longhin? E’ il classico militante che nel gergo viene definito “militante zero”, poche parole, concetti chiari, banchetti. Per Longhin ha una simpatia Dario Galli, ex presidente della provincia di Varese, ex viceministro dello Sviluppo Economico, uno che è nei cuori dei varesini.

 

Longhin è più forte “zona laghi”, Luino, Varese. Cassani a Busto Arsizio che è poi il paese dove si terrà il congresso. Per i sostenitori di Longhin “sarà come vincere in trasferta”. Per i sostenitori di Cassani “si fa a Busto perché era la sola sede disponibile”. E’ già strapaese. Sia Cassani sia Longhin stanno portando avanti la più bella campagna di sempre. Cassani è più forte sui social, Longhin manda sms alla vecchia maniera. Salvini non ci dorme la notte. Giorgetti di notte fa i conti della manovra. Il voto di un militante, uno solo, varrà più delle interviste di un ministro o delle parole di un vicepremier. Bonaccini-Schlein? Ma per cortesia…

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio