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Palazzo Fiamma Chigi: così Meloni sta accentrando poteri e deleghe su di sé

Simone Canettieri

È pronta a gestire con Fratelli d'Italia. Servizi, Pnrr, digitale ed energia: così controllerà gli altri ministri. E nello staff entra il generale Federici, come consigliere militare 

Alle spalle ha le foto di Madre Teresa di Calcutta e Giovanni Paolo II, arrivate da Via della Scrofa. Davanti a sé, nell’ufficio al primo piano di Palazzo Chigi, Giorgia Meloni inizia a costruire le leve per muovere il governo e tenere “tutto sotto controllo”. A partire dai ministeri affidati agli alleati. Nasce così un accentramento di poteri e deleghe made in Fratelli d’Italia.  Se Alfredo Mantovano da sottosegretario alla presidenza del Consiglio è destinato a occuparsi di Servizi segreti, Giovambattista Fazzolari rimarrà vicino alla “capa” come sottosegretario con delega all’attuazione del programma. Stesso discorso per Alessio Butti: per il partito si occupava di telecomunicazioni e digitale. La stessa cosa continuerà a fare come sottosegretario alla presidenza, con competenze a cavallo tra quelle del ministero dello Sviluppo economico e quelle della Transizione digitale che furono di Vittorio Colao. Tre Fratelli a Palazzo Chigi. Anche il Pnrr è rimasto in casa: se ne occuperà Raffaele Fitto, titolare degli Affari europei. E non finisce qui.  


L’energia, per esempio. Ufficialmente è roba del forzista Gilberto Pichetto Fratin. Il quale, tuttavia è stato affiancato da Roberto Cingolani in qualità di advisor. L’ex ministro draghiano della Transizione ecologica è considerato da Meloni “una risorsa della nazione”. Con lei si rapporta in maniera diretta e senza la minima mediazione. La partita di sottogoverno che va in scena in queste ore – lunedì il Consiglio dei ministri – serve anche a fare in modo che la rete di  Meloni gestisca direttamente le materie più delicate. Il vero lavorìo sotto traccia riguarda però la catena di comando di Palazzo Chigi. Gaetano Caputi è il nuovo capo di gabinetto della premier (scuola Tremonti-Fortunato). Carlo Deodato sarà il segretario generale. Francesca Quadri comanderà il Dagl, delicato ufficio legislativo del governo. L’ambasciatore Francesco Maria Talò sarà il nuovo consigliere diplomatico. Per quello militare, invece, al posto del generale Luigi De Leverano è fatta per Franco Federici, già al comando della missione Kfor (Kosovo Force) della Nato.

 

Per l’economia si fa il nome di Domenico Lombardi,  membro, fra le altre cose,  del consiglio generale di Aspen Italia (anche lui filiera Tremonti come Caputi). Fazzolari in questi giorni sta cercando anche di capire come rimpiazzare al  Dipartimento di programmazione e coordinamento per la politica  economica la figura Marco Leonardi. Al momento si rincorrono nomi e curricula. Ancora tutti sospesi in aria, anche se l’assegnazione della casella alla Lega pare scontata. Dopo il cordiale passaggio della campanella di domenica, da quattro giorni i canali fra Meloni e Draghi sembrano essersi interrotti.

 

L’ex premier si gode un po’ di riposo, ma già dall’anno prossimo potrebbe tornare in scena con qualche conferenza di respiro internazionale: è richiesto un po’ ovunque. E comunque da presidente emerito della Banca d’Italia conserva sempre un ufficio in via Nazionale per incontri e relazioni. 

 

Il fuoco, anzi la Fiamma, ora è a Palazzo Chigi con i nuovi inquilini. Dove ieri sera si è svolto un vertice più di partito che di governo, vista la presenza della seconda carica dello stato. Il presidente del Senato Ignazio La Russa è stato a colloquio con Meloni e il ministro Francesco Lollobrigida.

  

Tutto si muove, seppur lentamente. Anche se non mancano “i buchi neri”. Il principale riguarda il ruolo di portavoce-capo ufficio stampa. Il casting pare non dare ancora i frutti desiderati. Si contano i no di giornalisti con esperienza da “chigisti”. Si valuta anche l’utilizzo di comunicatori puri. Nello staff del governo sono entrati intanto Giovanna Ianniello e Paolo Quadrozzi, ombre di Giorgia da anni. Si perpetua intanto anche il rito dello spoil system. Niente di nuovo: via tutti i componenti del gabinetto. Al momento gli staff dell’ufficio stampa, professionisti ricevuti da Draghi in eredità da Conte, rimangono al loro posto. Anche se non si sa per quanto. Mentre resta da capire anche la fine che farà la struttura “Italia domani” creata dall’ultimo governo per far conoscere il Pnrr in giro per il Paese, città dopo città. Metti una pedina, togline un’altra. L’importante in questa fase per Meloni sembra essere tenere tutto sotto controllo. Avocando a sé più potere possibile. Palazzo Fiamma Chigi. Meglio non fidarsi, nel dubbio. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.