Il caso

Le mosse di Meloni per rafforzare FdI: "Teniamoci pronti". Promossa la sorella

Simone Canettieri

La leader non vuole sguarnire il partito. Arianna diventa dirigente apicale. Lollobrigida non va al governo, Donzelli resta in Via della Scrofa

“Allora, se vi serve un altro leader qui dentro sappiate che ci sono io”. Lunedì pomeriggio, appena entrato negli uffici di Fratelli d’Italia, Silvio Berlusconi ha scherzato con i ragazzi e le ragazze della segreteria di Giorgia Meloni. Sorriso di circostanza: “No grazie, presidente, stiamo bene  così”, si è sentito rispondere il Cav. Fine del siparietto. Bisogna tornare qui il giorno dopo.  Secondo piano di via della Scrofa 39,  stanze già abitate da Giorgio Almirante e Gianfranco Fini. Prime pagine del Secolo d’Italia appese ai muri. Nessuna parete color nostalgia, assicurano nella nuova  Mecca della politica. Sondaggi da far luccicare gli occhi. Troupe  ormai fisse. Ecco Arianna, sorella maggiore della premier in pectore, sta entrando nel palazzo. Presto avrà un ruolo apicale dentro FdI. 


Giorgia Meloni ha la testa a Palazzo Chigi, ma in queste ore va ripetendo a tutti colonnelli che “non dobbiamo smobilitare il partito. Dobbiamo farci trovare pronti a qualsiasi evenienza, dobbiamo continuare a crescere”. Ecco perché, per esempio, ieri è stato riconfermato capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida, braccio ambidestro di Giorgia e, come si sa, marito di Arianna.   La quale dopo trent’anni di militanza lontana dai riflettori presto avrà i galloni pubblici  di dirigente, uscendo così dal cono d’ombra della famiglia. “Giorgia è la nostra cara leader”, scherza un deputato neo eletto, sotto l’assicurazione dell’anonimato. 


In queste ore dentro Fratelli d’Italia sono in molti a interrogarsi sulla forma che dovrà prendere la prima forza politica del paese. Non sono previsti congressi all’orizzonte – l’ultimo si celebrò a Trieste nel 2017 con un’unica candidata alla presidenza e indovinate chi fu – e soprattutto non viene nemmeno presa in considerazione l’ipotesi che Meloni possa dimettersi da presidente per occuparsi a tempo pieno del governo. Anche se sotto sotto c’è chi immagina una piccola scossa di assestamento.  “Noi siamo un partito presidenziale, con una classe dirigente radicata, ma con una leader insostituibile. Di sicuro però dovremo portare qualche correttivo”, spiegano i deputati appena usciti dall’assemblea che ha eletto Lollobrigida di nuovo capogruppo.   In questo scenario sarà centrale anche il ruolo di Giovanni Donzelli, attuale capo dell’organizzazione, una sorta di giovane Pietro Secchia, ma di destra. Anche lui, salvo sorprese, potrebbe essere sacrificato al bene della Fiamma. Con un compito chiaro: rimanere in Parlamento e occuparsi di tutto ciò che ruota intorno al partito. A partire dalle iniziative. Balla un’edizione straordinaria di Atreju che però potrebbe cadere sotto Finanziaria. Periodo non facile se sei la prima forza di maggioranza. L’ipotesi è ancora sospesa. Come l’idea di un nuovo congresso. Prima tutti aspettano la fine del tesseramento, attesa per dicembre. Dunque Meloni ha in mente – sperando di avere diverse fortune – il modello Renzi. E cioè capo di governo e di partito. Una formula che al momento tutti danno per scontata, anche se complicata da attuare per via degli impegni prioritari. Al contrario del Nazareno, sede di spifferi e correnti spesso nocive alla salute del capo, qui in Via della Scrofa tira aria da congresso del Partito comunista cinese. Non ci sono alternative, lunga vita alla cara leader.

La svolta avverrà fra pochi  giorni, quando oltre alla lista dei ministri saranno noti anche i nomi dei sottosegretari. E qui si capirà ancora meglio chi rimarrà a presidiare e a rafforzare il fortino. FdI ha un esecutivo nazionale, una sorta di segreteria, e poi una lunga serie di dipartimenti tematici. Ci saranno sostituzioni e promozioni. Augusta Montaruli se non finirà in un posto di sottogoverno sembra destinata a prendere ancora più peso nel partito. Ora è la responsabile dei flash-mob, è legata a Donzelli. E alla fine si ritorna sempre alla generazione Atreju dove tutti si dicono amici e comunità e dove si guarda con un pizzico di insofferenza ai grandi vecchi, ma anche ai nuovi arrivati in quota società civile. Dietro all’ossessione di strutturare il partito che dall’un per cento adesso sfiora il trenta nei sondaggi c’è un pensiero di fondo: quello di farsi trovare sempre pronti se la situazione dovesse precipitare, magari fra qualche mese o fra un anno. Insomma, di nuovo tutti  pronti in caso di elezioni anticipate. Da fuori sembrano ragionamenti lunari per un governo che deve ancora nascere, ma così è. E vista la fragile tregua fra Meloni e Berlusconi chissà. Nel dubbio l’ordine della capa è: spingiamo sui tesseramenti.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.