Lega Ddr

Salvini alza la posta ma è pronto all'accordo. Giorgetti chiede garanzie per il Mef

Carmelo Caruso

Manca ancora l'intesa sulla presidenze di Camera e Senato (Molinari e La Russa favoriti) ma il segretario del Carroccio è ottimista. Incontro con Giorgetti che vuole essere rassicurato

Signor colonnello, sta accadendo qualcosa di incredibile: Salvini si è alleato con gli ucraini. Al federale della Lega, di ieri, sembrava Zelensky in visita a Izium. Resiste. “Vogliamo il Viminale, Infrastrutture, ministero dell’Autonomia e la presidenza del Senato per il “Calde”. E pure il Mef!”. Vuole anche due bignè, ma solo se si può. Questa volta sembra simpatico. Avrebbe infatti precisato ai suoi: “Noi chiediamo, poi va bene anche Molinari alla Camera e La Russa al Senato”. Il “Calde”, sarebbe Roberto Calderoli, che un deputato di spirito, definisce così: “La Russa è un Tavernello, il Calde un Brunello. Viva il Calde!”. I leghisti in queste ore girano con il rosario in mano: “Signore, non allontanarti da Matteo, volgiti a sua difesa, fa che non sia confuso”.


Onore, al popolo leghista. Di mattina alla Camera parlavano come una comunità oppressa che si ribella allo strapotere della futura premier Vladimir Meloni. Una testimonianza dalla buvette di Zaporizhzhia. “Meloni ci vuole annettere come ha fatto Putin con il Donbas. Non va bene. Indagate sui suoi contatti con Matteo Renzi”. Per la Lega, Renzi sarebbe come la Cina per Putin. Da quella parte di mondo fanno cose pazze. La Lega teme ad esempio che, oggi, quei mattacchioni di Azione possano votare Giancarlo Giorgetti a presidente della Camera al posto di Molinari tanto per fare disturbo. Ma come avevamo detto, Molinari, quando si scrive, non è ancora il candidato ufficiale. E’ l’ufficioso. La Lega: “Nessun accordo ancora”.

 

In questa specie di giostra aleggia pure la possibilità che si torni a Giorgetti come presidente della Camera. Al Federale, che si è tenuto nel pomeriggio (è stato brevissimo) raccontano che i leghisti avrebbero voluto davvero abbracciare “il Calde” che Meloni non desidera perché  è “uno stregone dei regolamenti, il migliore”. Dopo una carriera politica disordinata paga la sua innegabile qualità politica. Pochi minuti prima che iniziasse la riunione della Lega, il “Calde” è stato visto passare al secondo piano della Camera. Subito dopo i cronisti si sono accorti che dalle stesse parti transitava La Russa. Sarebbe bello se, come qualcuno immagina, si siano stretti la mano come nella scena de “La Grande Illusione” di Jean Renoir.

 

Nessuno lo ha messo ancora a fuoco ma i futuri ministri sarebbero quasi tutti senatori e al Senato basta poco per andare sotto. La Lega non si fida della Meloni (sarebbe pronta a tenersi anche la delega ai Servizi per il suo Hegel, Giovanbattista Fazzolari) ma lo nasconde meglio di Berlusconi che dicono sia “infuriato”. Alla Camera, lo squisito Paolo Barelli dice che quantomeno a lui tocca, da abile nuotatore, il ministero del Mare. “Con tutti questi ministri che se stanno a ‘nventà…”. E’ un brav’uomo ed è già felice di fare il deputato. La Lega oggi non sa se essere felice. Avrebbe tutti i motivi per esserlo. Massimiliano Fedriga, che si è collegato al Federale da Bruxelles, confida tanto in questo esecutivo. Giorgetti, che per Mario Draghi era quasi il beniamino (in una conferenza stampa il premier gli chiese: “Vuoi intervenire? Se hai piacere mi fermo io e lascio la parola a te”) si è calato nella parte di ministro in pectore. Con Peppe Provenzano, che è un Giorgetti con il basco e la stella a punta, ha scherzato: “Al Mef? Ma io ho un’offerta per sostituire Allegri alla Juventus”. E lo faceva prima di incontrare Salvini. Abbiamo iniziato con Fabio Panetta e siamo arrivati a Giorgetti.

 

Adesso Salvini e Meloni devono pure dargli delle garanzie. Giorgetti è come quegli uomini che muoiono dalla voglia di andare a cena con una donna, ma vogliono sentirselo dire dalla donna. Quando si fa tardi, prende il telefono, chiama, parla un po’ sdolcinato e successivamente, una volta capito che l’altra si è stancata, aggiunge: “Ma come? Dunque non mi inviti?”. Potrebbe diventare davvero ministro dell’Economia, almeno così pare. Non perché lo vuole. Se potesse, Giorgetti, risponderebbe come Peter Pan alla fatina: “Indietro, indietro. Non riuscirete a farmi diventare adulto”. O forse, più semplicemente, conosce Salvini a cui, a  suo modo, vuole bene. Possiede quello che a Giorgetti manca: l’incoscienza, quella sostanza che ti fa commettere grandi errori ma anche grandi imprese.

 

Dicono che Giorgetti non ci stia a entrare al governo come un rifugiato, un tecnico. Vuole andare in quota Lega. Mica è scemo. I tecnici, in Italia, sono come le posate di plastica. Ne ha visti troppi usati e accompagnati alla porta. Giorgetti vuole entrare da leghista, vuole il sostegno di Salvini, vuole un partito che come dice Salvini “crede” e che non faccia come ha fatto con Draghi. Non si può mai credere a metà. Salvini ha ragione. Bisogna credere che è possibile sfangarla, superare l’inverno, approvare una Finanziaria. I leghisti oggi li trovate tutti in chiesa: “Signore, non allontanarti da Matteo, volgiti a sua difesa, fa che non sia confuso”.

Di più su questi argomenti:
  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio