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L'attacco

Maroni critica le liste fatte da Salvini, l'ennesimo segnale di sfida al Capitano

Dopo aver preferito il "Pronti" di Meloni al suo "Credo", ora il Bobo prende di mira i nomi scelti dal leader del Carroccio. Non un buon segnale

La pungolatura forse ha fatto tanto rumore perché è arrivata dopo lungo silenzio. E poi, si sa, la vice di Bobo Maroni suscita sempre reazione, nel mondo leghista, specie se risuona tra i confini di quella Varese che dello spirito lumbàrd resta culla e destino. E allora eccolo, l’ex ministro del Carroccio, che riappare sulla chat provinciale del suo partito per commentare, con pungente ironia, le liste elettorali stilate da Matteo Salvini e dei suoi fedelissimi.

 

Quelle che, tra le altre cose, nel capoluogo caro a Bossi hanno visto la promozione, nel collegio uninominale della città per il Senato, quel Massimiliano Romeo che è il capogruppo uscente a Palazzo Madama, e che però ai locali risulta forestiero, in quanto brianzolo di Monza. Il tutto a discapito di Matteo Bianchi, varesino doc e già candidato sindaco nella sua città pochi mesi fa, quando è stato sconfitto dal dem Davide Galimberti.

 

E proprio con lui, con lo sfidante che lo ha sconfitto riconfermandosi primo cittadino, Bianchi, deputato uscente, fede atlantica e quota giorgettiana, come si dice, nel Parlamento ormai disciolto, è stato fotografato a cena, giorni fa, all’ippodromo di Varese. E siccome, si sa, in provincia, le voci corrono, e siccome seduti a quel tavolo, insieme a Bianchi e Galimberti, c’erano anche due candidati del terzo polo renzian-calendiano, c’è stato chi ha subito gridato allo scandalo.

 

Specie perché, a quanto pare, in quello stesso ippodromo, a quello stesso ristorante, cenava pure Romeo, il forestiero malgradito. E però ecco che a difesa di Bianchi è intervenuto proprio lui, il Bobo: “Eh be’, visto come l’han trattato ha fatto bene a non sedersi al tavolo della Lega”, ha scritto nella chat. E tanto è bastato perché la frecciata iniziasse a correre di bocca in bocca, anche oltre i confini dell’Insubria: perché è almeno la seconda legnata che Maroni tira a Salvini, dopo averne già bocciato lo slogan elettorale (“Il ‘Credo’? Preferisco il motto della Meloni: ‘Pronti’”). E del resto, Maroni non è tipo da scoprirsi incautamente, non è uomo da azzardi temerari. “Se Bobo si muove – commentava ieri un ex ministro leghista – vuol dire che si muove qualcosa”. E chissà che quel moto in atto, dopo il 25 settembre, non cada sul capo di Salvini.

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