Dopo la retromarcia M5s

In Sicilia, la dem Chinnici resta in corsa. Ma il centrodestra vede la vittoria

Ruggiero Montenegro

"Non volto le spalle agli elettori", dice l'eurodeputata dopo aver pensato al passo indietro. Per convincerla, in campo anche Letta e Provenzano, che accusa Conte di aver studiato la strappo a tavolino. Intanto il segretario Pd siciliano si rivolge agli avvocati, ma per Schifani la presidenza è più vicina

Non è stata una scelta facile, c'è voluto l'intervento del segretario pd Enrico Letta e quello del suo vice Giuseppe Provenzano. Ma alla fine, Caterina Chinnici ha accettato la (nuova) candidatura a presidente della regione Sicilia: "Non volto le spalle ad elettori", ha detto l'euroduputata dem, dopo giorni di polemiche e accuse sull'asse Pd-M5s. "Ringrazio il Partito democratico per la nuova proposta di e per le manifestazioni di sostegno e fiducia che mi sono state rivolte sia dalla Direzione regionale che dai vertici nazionali", si legge in una nota del Pd siciliano, in cui Chinnici -  figlia del giudice Rocco, ucciso dalla mafia - mette  "nuovamente a disposizione il mio amore per la Sicilia, nella consapevolezza che il percorso prospettato è ora più difficile".

  

Ma quelle che hanno portato alla ricandidatura sono state ore convulse per i democratici, accusati da Giuseppe Conte di voler "infilare nelle liste esponenti impresentabili". Questo era stato (almeno ufficialmente) il motivo del dietrofront grillino, nonostante le primarie di coalizione. E venute meno le condizioni di partenza, Chinnici era pronta a un passo indietro che avrebbe causato non pochi imbarazzi al Pd, anche perché sul simbolo depositato compare proprio il nome della parlamentare europea. Poi è arrivato l'intervento da Roma che ha rimesso la candidata in corsa. Una decisione agevolata dalla rinuncia alla candidatura di alcuni esponenti dem siciliani. Tra questi Giuseppe Lupo, capogruppo uscente in regione, non gradito alla stessa Chinnici, in quanto attualmente indagato. 

 

 "Grazie per il tuo impegno e la tua coerenza. E per il rispetto del voto delle primarie", è stato il messaggio di Letta, che qualche giorno fa aveva parlato, senza mezzi termini, di "tradimento" grillino. Concetto ribadito questa mattina al Corriere da Provenzano: "Non c'è moralità nel venir meno alla parola data", le parole del numero due del Pd, secondo cui Conte aveva un obiettivo chiaro: "All'ultimo momento si è mosso contro Chinnici per creare il maggior danno possibile a noi e per fare un regalo alla destra".

  

Ancora oltre si è spinto Anthony Barbagallo, segretario dem dell'isola, invocando le carte bollate: "Ho dato mandato ai nostri legali di verificare la candidabilità di Di Paola e la fondatezza di una causa civile - dice a La Sicilia - per chiedere il risarcimento dei danni che abbiamo subito da chi non ha rispettato le regole che c’eravamo dati". Anche lui è finito sul banco degli imputati. L'accusa, nel suo caso, era quella di non aver saputo gestire una situazione e una decisione che, malgrado le smentite, in tanti si attendevano. Se non altro perchè già l'8 agosto, nel corso di una riunione del M5s siciliano, Conte avvertiva i militanti: “Saremo chiamati a scelte importanti”. 
 

La scelta è così ricaduta su Nuccio Di Paola, referente siciliano M5s e consigliere regionale. Mentre la sottosegretaria Barbara Floridia, sconfitta alle primarie da Chinnici, non era più disponibile, essendo stata inserita all'interno del listino blindato voluto da Conte. Ma a cambiare lo scenario sarebbero stati anche alcuni sondaggi, secondo cui la decisione di presentarsi soli alle regionali avrebbe portato i consensi pentastellati in Sicilia tra “il 15 e il 20 per cento”. 
  
Dinamiche locali che intrecciano quelle nazionali, con il rischio tuttavia - per alcuni è una certezza - di (ri)consegnare la regione nelle mani del centrodestra di Renato Schifani, individuato dopo mesi di accuse e veti reciproci tra Lega, Fratelli d'italia e Forza italia, con l'uscente Nello Musumeci che si accaserà in Parlamento nelle liste di Giorgia Meloni. L'alleanza guidata da Schifani è accreditata secondo le rilevazioni locali tra il 35 eil 40 per cento (mentre rispetto alle politiche, in Sicilia la coalizione sfiora il 50 per cento). In corsa per la regione ci sono anche l'ex sindaco di Messina, Cateno De Luca, e Gaetano Armao sostenuto da Azione e Italia Viva. 

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