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voto utile

L'èra del fascismo liberale. È il confronto politico l'unica cura all'accozzaglia costituzionale

Giuliano Ferrara

Quegli strani tipi che odiano le semplificazioni liberal quanto quelle bacchettone. Elettori che votano il Pd anche senza innalzarsi a gladiatori dei diritti, ma che forse sono accomunati per lo più dal disgusto

L’impossibilità per l’accusa di presentare ricorso contro una sentenza di assoluzione può sembrare una soluzione giuridica corretta, visto che abbiamo introdotto con il “giusto processo” la necessità per la condanna di escludere ogni ragionevole dubbio. Se una giuria o un tribunale hanno assolto, il dubbio resta, semplice. C’è chi lo sostiene da molti anni, e voterà Pd. La flat tax come base di una rivoluzione fiscale, secondo il quadro che ne fa l’Istituto Bruno Leoni, think tank liberale, non fa inorridire chi crede nella progressività delle imposte, che si può ottenere altrimenti che con il prelievo, sostengono fior di esperti; e di fatto non pare che l’attuale regime di progressività sia una garanzia di eguaglianza sociale o che un cambiamento di base del sistema fiscale debba approdare alla liquazione del welfare state, tutt’altro. Anche a qualche elettore del Pd che non si stampa sul culo lo slogan “tax the rich”, come la bella Ocasio-Cortez, l’aliquota unica non sembra uno scandalo bensì una riforma da sperimentare con gradualità e intelligenza.  

 

Il progetto presidenzialista è nelle corde della cultura liberale dai tempi di Piero Calamandrei alla Costituente, fu rilanciato dal socialista liberale Bettino Craxi e dal suo consulente Giuliano Amato, pensano alcuni che voteranno contro Meloni e la sua coalizione, voto utile. 
Sono strani tipi, ma esistono. Come esistono coloro che non sono fissati con i diritti, intesi quali prefazione del capitolo oscuro del wokismo e della cancel culture, del droit-de-l’hommisme che è ideologia sospetta anche a sinistra, anche in persone di aspirazioni liberali.

 

La cannabis e il carcere dei suicidi giovanili sono gravi problemi italiani, spesso collegati, che dovrebbero essere affrontati con cure non palliative ma riformiste alla Mario Gozzini, però sono questioni difficili da affermare nel confronto di opinione popolare che è implicito in una campagna elettorale, ci vuole un po’ di realismo politico. Il diritto di morire è già più popolare, come il dare la morte preventiva con l’aborto inteso appunto come diritto, ma c’è anche tra gli elettori del Pd chi nutre seri dubbi in materia. Che il cristianesimo sia una base della nostra cultura e società, senza del quale poco si regge non tanto in materia morale quanto in coscienza di sé e dei criteri di vita migliori d’occidente, può essere un’ipotesi condivisa anche nel voto utile.

 

Non è obbligatorio, salvo il rigetto di tutte le fobie e la censura dell’omofobia, condividere la moda gay o matrimonio egualitario, che è una aggressione valoriale, respingente ancora di più in quanto fondata sul ridicolo valorismo dell’amore eguale, che con il matrimonio c’entra niente. Questo lo può pensare anche chi potrebbe trovare gladiatori lgbtqi+ nel proprio collegio ed esprimere comunque un voto utile. Per molti reduci delle guerre culturali anni Novanta, che riconoscono il nuovo senso comune affermatosi e lo considerano con tolleranza, ma non lo condividono, anche nel campo eticamente minato dell’ingegneria genetica, dell’antinatalismo e della filiazione artificiale, le raffinate semplificazioni progressiste a sinistra e in ambiente liberal sono non meno repellenti delle grossolane semplificazioni tradizionaliste e bacchettone di destra. 

 

La faccenda è complicata. Bisogna augurarsi che la prossima stagione, se il meccanismo elettorale e le vicende paradossali della recente storia politica tranceranno in favore di un fascismo liberale, ché tutto è ormai una cosa precisa più l’aggettivo liberale vago in un’Europa e in un mondo occidentale integrati, bisogna augurarsi che sopravviva lo spazio del dialogo politico e non torni l’infausta e avventurista inclinazione all’accozzaglia costituzionale, che è il contrario di una argomentata difesa del meglio della Carta, come si vide quando la riforma costituzionale fu tentata dalla sinistra e dai liberali. Quanto al voto, ricordo sempre quel che mi disse Franco Lucentini a Francoforte: “Tutti pensano che Carlo Fruttero e io siamo uniti da stile e gusto, invece ci uniscono solo i disgusti”. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.