Palazzo Chigi

I dilemmi di Draghi: "Salvini, quale altra testa vuole?". Il Cav. rassicura il premier

Carmelo Caruso

Il premier tormentato. I colloqui con Mattarella, gli incontri con la destra che cerca "le compensazioni". La preoccupazione che Salvini voglia le teste di altri ministri oltre quelli M5s

Dovrebbe accadere questo. Non dovrebbe accadere nulla. Mario Draghi può restare ancora premier. Vogliono tutti dire “basta” ma il primo che lo dice si carica la colpa di aver lasciato l’Italia senza guida. In un colloquio con Sergio Mattarella, Mario Draghi avrebbe espresso tutte le sue perplessità. Lega e FI chiedono l’uscita dal governo del M5s per avere una “compensazione”: due ministeri, una viceministra, quattro sottosegretariati e la modifica del Rdc. Draghi si sarebbe chiesto: “E poi quale testa mi chiederanno? Quella della ministra Lamorgese o quella del ministro Speranza?”.


Di questa crisi di governo probabilmente resterà solo una parola. E’ “riflessione”. Ci sono vagoni di riflessioni, gente che riflette, che valuta. Kant, salvaci tu! Riflettono il M5s, il Pd, Lega e Forza Italia, fino allo stesso Draghi che però è stato rimproverato di non averlo fatto abbastanza e quindi, nell’ordine, di aver incontrato Enrico Letta alla luce del sole, di non aver invitato il centrodestra unito, ma di averlo fatto solo a sera, dopo “lo sconcerto del centrodestra”, infine di volersene fuggire. Sembra quasi che la crisi l’abbia aperta lui.

 

Da Palazzo Chigi, fino a quando si scrive, si continua a dire che “conta la qualità del dibattito” del Senato e non tanto i numeri della fiducia che si prevedono importanti. Il Pd spera in queste ore che il miracolo di San Crippa (Davide, il capogruppo del M5s alla Camera) possa avverarsi. Si tratta della liquefazione del M5s. Chi diceva tre, chi diceva 15 parlamentari. A queste anime smarrite il Pd avrebbe proposto una sorta di ius Pd, l’inclusione, dopo un periodo di decantazione ma anche “deContazione”. Quando questo articolo sarà in pagina, Draghi dovrebbe aver esposto, e letto, quanto fatto dal suo governo, quanto resta da fare, e spiegato che “con i veti incrociati non si fa il bene dell’Italia. Tu sì, tu no”.

 

Chi gli sta vicino continua a dire: “Non può fare il cane pastore dei partiti”. Ormai anche a Palazzo Chigi, chi gli vuol bene, non accetta che questo uomo di 75 anni debba preoccuparsi delle dichiarazioni della capogruppo del M5s al Senato, Mariolina Castellone. Si rimprovera spesso a Draghi, e al suo staff che “non è politico”. Antonio Funiciello, il capo di gabinetto di Draghi, che dello staff è il più politico, al lavoro ci arriva  in bicicletta noleggiata. E’ solo per dire che non lo hanno fatto certo per guadagnarci o per avere l’auto di servizio.

 

C’è gente che si è dimessa da lavori ben pagati. Ci hanno creduto e soffrono nel vedere Draghi avere a che fare con Giuseppe Conte che parla di umiliazione, manco fosse un armeno perseguitato. A Mattarella che gli italiani scambiano ormai per un santone, l’uomo che deve trasformare la confusione in ordine, si racconta che Draghi abbia parlato del tempo.

 

Il presidente della Repubblica ha un settennato da onorare mentre Draghi avrebbe otto mesi ma per “logorarsi”, per macerare una storia, una carriera, in compagnia di “sfracellatori seriali”. Per rendere più accattivante questa crisi, la solita informatja di partito, stordita e scoppiata, sia di destra sia del M5s, sta comunicando minuto per minuto gli spostamenti, gli avvistamenti, e poi video, instragram, sirene, alert!

 

Domani c’è un board Bce da cui dipende il futuro dell’Eurozona, compreso quello dell’Italia, ma qui si twitta: allegria! L’offeso Salvini faceva infatti sapere il secondo esatto in cui usciva da Villa Grande di Silvio Berlusconi e l’istante in cui entrava a Palazzo Chigi da Draghi. A Gian Marco Centinaio, il leader della Lega avrebbe già promesso: “Vedrai che il ministero dell’Agricoltura sarà tuo”. Si dice che abbia addirittura riproposto, un po’ per vedere l’effetto che fa, lo slang “al Viminale servirebbe uno come me”. E la verità è che questa volta è perfino legittimato, in qualche modo: “Non sono io ad aver aperto questa crisi”. Come è anche vero che ha la ruspa spuntata. Se rompe con Draghi a benedirlo è Giorgia Meloni, ma a maledirlo sarà quasi l’intero partito che, in assemblea, riunita, gli ha lasciato intendere che è meglio proseguire. Dicono che la sola cosa bella per Draghi sia stato accorgersi, meglio di “qualsiasi sondaggio”, che l’Italia ha afferrato “la corda della speranza”.

 

Le associazioni, le tante piazze erano sul serio spontanee. Non erano quelle organizzate, le squadracce, che in questi mesi ha visto passare. L’assalto alla Cgil, i balneari, i tassisti… Chi gli può dare torto quando pensa, e lo ha pensato, “come faccio a governare con Salvini che minaccia sfracelli?”. Mattarella gli avrebbe detto: “Rifletti fino alla fine”. Berlusconi  avrebbe rassicurato Draghi che si può tenere a bada il “ragazzo” e intendeva Salvini. Mattarella-Draghi-Berlusconi. Sono loro la “corda della speranza”. L’Italia si aggrappa a loro. 240 anni in tre.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio